Dialect Cosplay nel Giappone Contemporaneo

di Federico Del Sordo (Sezione Giappone)

Dialect Cosplay: La manifestazione di un utilizzo del linguaggio più innovativo. Un esplorare nuove strade nel tentativo di “essere qualcuno attraverso la lingua“. I giovani, in particolare, applicano il linguaggio in un modo che permette loro di assumere specifici ruoli e identità.

Generalmente, in Giappone, i giovani comunicano attraverso il giapponese standard. Ciò nonostante, è importante riconoscere che, agli occhi della nuova generazione, la lingua standard non indica più cultura, istruzione o modernità. Il focus di questo articolo è rivolto, soprattutto, alle nuove generazioni della società nipponica e sul loro utilizzo dei dialetti.  

Durante il processo di modernizzazione, la lingua è diventata meno diversificata, di conseguenza, il successo dell’unificazione linguistica in Giappone ha portato un desiderio di cambiamento. Osservando il presente, l’immagine odierna dei dialetti è mutata: iniziano ad essere percepiti come l’esatto opposto della lingua standard. Il giapponese comune non si è diffuso come una varietà addizionale, è il dialetto che è stato “corretto” attraverso l’educazione linguistica. Stigmatizzare i dialetti e i loro parlanti è stato il meccanismo chiave dietro la standardizzazione della lingua in Giappone.

Durante gli ultimi decenni del periodo Meiji (1868 – 1912) si iniziò a pensare quale forma potesse assumere il giapponese moderno. La principale figura di rilievo fu il linguista Ueda Kazutoshi (1867-1937), colui che fornì l’idea centrale della lingua giapponese come lingua nazionale del Giappone. Kazutoshi riteneva che il miglior modo per sviluppare una lingua standard fosse stabilire la superiorità di una varietà linguistica già esistente al di sopra delle altre varietà, e di conseguenza definirle. Furono questi gli anni in cui iniziò a diffondersi un’immagine negativa dei dialetti regionali giapponesi. Tra il 1902 e il 1903, i membri del National Language Research Council decisero che la lingua giapponese standard corrispondesse alla varietà linguistica di Tokyo, in particolare quella relativa alla zona di Yamanote.

Precedentemente le variazioni linguistiche erano collocate orizzontalmente, tuttavia, durante il processo di modernizzazione della lingua vennero disposte secondo un ordine verticale. Nacque una sorta di parametro di correttezza misurato e valutato utilizzando la lingua standard: ciò non fece altro che dividere le persone, creando insicurezza (dialect complex). Per tale motivo, i parlanti dei dialetti divennero dei silent speakers. Esprimersi attraverso un dialetto era visto come un difetto personale, una fonte di imbarazzo. Per evitare di essere emarginati dal resto della società e per essere socialmente riconosciuti, i giapponesi iniziarono a sentire la necessità di esprimersi correttamente tramite questa nuova lingua. L’unica eccezione è riscontrabile nelle aree di Ōsaka, Kyōtō e le circostanti pianure del Kansai, dove i dialetti locali si sono mantenuti relativamente bene anche con la diffusione della lingua standard. 

L’inizio dell’epoca Heisei (1989-2019), coincide con l’inizio del processo di de-standardizzazione della lingua. Tutti quelli nati in quest’epoca hanno interagito linguisticamente in una società parlante la lingua giapponese standard. È naturale dedurre che tutti coloro nati in questi anni non hanno in alcun modo sperimentato un’insicurezza linguistica dovuta alla presenza dei dialetti nel parlato, e che non hanno compiuto sforzi per sbarazzarsi dei dialetti per essere riconosciuti esponenti di un giusto linguaggio. Tutto ciò significa crescere in una società in cui la lingua standard è un luogo comune. 

Oggigiorno, i dialetti locali sono più popolari rispetto allo standard. Più un dialetto veniva stigmatizzato, più gode di popolarità nel presente. Tuttavia, la maggior parte dei giovani giapponesi non è in grado di parlare utilizzando un dialetto: l’esperienza di non avere mai sperimentato l’ansia di un potenziale imbarazzo apre la strada per un ritorno parziale dei dialetti nel modello del dialect cosplay. Esiste solo un’eccezione, ovvero il Kansai. Il giapponese ha due prestigiose varietà parlate, quella di Tōkyō e quella di Ōsaka/Kyōtō. 

L’ideologia linguistica proposta dal governo Meiji venne accolta uniformemente nel paese. Infatti, nel Kansai, le persone non hanno mai accettato rivendicazioni ideologiche riguardo il fatto che il giapponese standard fosse corretto mentre i dialetti del Kansai fossero sbagliati. Come risultato, questi vennero mantenuti in tutti i domini informali e, alcuni, in contesti formali. Il dialetto di Osaka è più popolare di quello di Tōkyō, soprattutto tra i giovani. Tutto questo implica che il processo di standardizzazione e de-standardizzazione si è evoluto diversamente in Kansai. Tanto per iniziare, i giovani del Kansai sono rimasti degli attivi oratori del loro dialetto locale, in aggiunta, l’uso del loro linguaggio si sta diffondendo nelle Prefetture limitrofe.  

Tre elementi sono necessari per far sì che il dialect cosplay emerga: in primis, i parlanti devono essere liberi dalla paura che utilizzare il dialetto sia una potenziale causa di imbarazzo, in secondo luogo, il cosplay dialettale ha bisogno di un minimo di conoscenza dei dialetti, infine, è necessaria una conoscenza degli stereotipi locali. A causa dello specifico profilo sociolinguistico dei giovani giapponesi, nessuno dubita della loro bravura nel giapponese standard quando si cimentano in un dialect cosplay. Dunque, questo comporta nessun rischio di imbarazzo e nessuno stigma sociale. Degno di nota è il fatto che chi sceglie di esprimersi attraverso un determinato dialetto, lo fa anche per assumere un determinato ruolo. L’uso di questo cosplay è diventato stratificato a più livelli, coinvolgendo sia i fake dialect (nise hōgen) sia quelli conosciuti anche come “dialetti nostalgici” (jimo hōgen). I falsi dialetti si riferiscono all’usare un dialetto regionale con in quale qualcuno non ha realmente un legame (geograficamente parlando). I dialetti nostalgici, d’altra parte, sono utilizzati nel cosplay da coloro che vivono nel luogo natìo del dialetto. La verità è che i giovani applicano la loro conoscenza rarefatta dei dialetti per stilizzare i loro discorsi.

Il dialect cosplay attraversa i repertori linguistici altrui per evocare immagini stereotipate. L’evocazione di questi stereotipi è la ragione per cui queste tipologie di utilizzo della lingua non sono mai adoperate nelle interazioni con i parlanti reali di queste varietà. Il dialect cosplay non può essere usato in queste situazioni perché potrebbe risultare offensivo usare una finta versione della lingua altrui per suscitare stereotipi sociali. Risulta evidente la strategia dei giovani per essere linguisticamente diversi nonostante siano cresciuti per essere linguisticamente uniformi. Pertanto, il modo ideale per farlo è essere degli innovatori cool

Logicamente, il meno popolare tra i dialetti, per i giovani, è quello di Tokyo. I praticanti del cosplay dialettale non usano semplicemente la lingua in nuovi modi, loro ‘rompono il codice’ di proposito, sentendosi emancipati nel farlo. Inoltre, si tratta anche di un rifiuto dei valori e dei comportamenti che hanno accompagnato la standardizzazione della lingua.  Per i giovani, le parole molteplicità, varietà, caso e ambivalenza hanno sostituito quelle di universalità, omogeneità, monotonia e chiarezza nel linguaggio. La lingua comune di tutti i giorni dei giovani giapponesi è, quindi, un uso rilassato dello standard, stilisticamente vivacizzato con il supporto di elementi dialettali.

Se il dialect cosplay è uno stile verbale basato su comportamenti linguistici che sono largamente condivisi tra i giovani grazie alla loro unica collocazione nella storia sociolinguistica del Giappone, questi hanno trovato il modo per rigettare quel meccanismo che in passato ha silenziato quella moltitudine resa insicura sulle basi difformità dalle norme linguistiche. 

Bibliografia

MAHER J. C., Metroethnicity, Language, and the Principle of Cool, 2005(175-176):83-102, International Christian University, Tokyo.

HEINRICH P., Dialect cosplay, Language use by the young generation, in “Being Young in Super-Aging Japan”, 2018, Routledge.

HEINRICH P., YAMASHITA R., Tokyo: standardization, ludic language use and nascent superdiversity, in “Urban Sociolinguistics – The City as a Linguistic Process and Experience”, 2017, Routledge. 

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