di Denise De Salvo
Viviamo in un mondo multiculturale e costantemente connesso dove tutti possono facilmente viaggiare e comunicare con persone che vivono in paesi diversi con un semplice “click”. Proprio per questo motivo la traduzione è diventata uno strumento essenziale per garantire una comunicazione fluida e semplice tra persone che parlano lingue diverse, senza escludere nessuno.
I settori del commercio e del marketing riflettono questa realtà multilinguistica ed eterogenea. Compriamo e usiamo costantemente prodotti provenienti dall’Europa e da ogni parte del mondo. Per la maggior parte dei cittadini europei non è un problema se i nomi dei marchi sono per lo più in lingua inglese, perché l’inglese è la lingua più parlata in Europa e dunque riescono facilmente a capire il loro significato. Ma cosa accade se cambiamo il nostro punto di vista e consideriamo ad esempio quello della Cina? I cinesi hanno difficoltà a capire il nome dei marchi stranieri con nomi in lingue europee?
Ovviamente la risposta è sì, e uno dei motivi è molto semplice: il diverso sistema di scrittura, in quanto le lingue europee si basano su sistemi alfabetici mentre il cinese su quello dei caratteri. Questo è il motivo principale per cui i marchi più celebri si sono rimboccati le maniche e hanno deciso di tradurre i loro nomi dei marchi in cinese.
In Brand Name Translation: Language Constraints, Product Attributes and Consumer Perceptions in East and Southeast Asia di Hong, Pecotich, e Schultz (2002) sono elencate le cinque opzioni strategiche per introdurre un marchio straniero nella ESEA (East and Southeast Asian markets):
- Entrare nel mercato con il nome originale;
- Entrare nel mercato con il nome tradotto foneticamente;
- Entrare nel mercato con il nome tradotto letteralmente;
- Entrare nel mercato con una combinazione del nome originale del marchio e il nome tradotto foneticamente;
- Entrare nel mercato con una combinazione del nome originale del marchio e il nome tradotto letteralmente.
Come si può immaginare, questa scelta non è poi così semplice. Partendo da questa panoramica, in questo articolo l’attenzione verte sulle strategie principali per tradurre un nome di un marchio in cinese, seguito da esempi di marchi prodotti da membri dell’Unione Europea.
Le strategie principali per tradurre un marchio sono i seguenti: traduzione fonetica, letterale e simbolica (o creativa).
La traduzione fonetica si riferisce alla riproduzione del suono del marchio ed è generalmente utilizzato per i patronimici, ovvero per tutti quei marchi che prendono il nome dal nome o dal cognome dei loro fondatori.
Tuttavia, nonostante questa strategia preservi l’identità fonetica del marchio, si perde totalmente il significato dello stesso, diventando talvolta ancor più difficili da ricordare per i consumatori cinese. Alcuni esempi sono il marchio danese Carlsberg (Jiāshìbó 嘉士伯) e il marchio italiano Ferrari (Fǎlālì 法拉利), entrambi tradotti seguendo questa strategia, ma senza aver alcun significato in cinese e perdendo quindi in qualche modo l’essenza del prodotto.
La traduzione letterale è appunto una semplice traduzione delle parole, come indica il nome stesso. Questa strategia dà la possibilità di preservare il significato del marchio, ma perdendo così la componente fonetica. Contrariamente alla prima strategia, quest’ultima permette ai marchi di essere facili da ricordare. Un esempio è il marchio austriaco Red Bull, tradotto Hóngniú 红牛, che significa letteralmente “toro rosso”, traduzione di Red Bull.
La strategia simbolica (o creativa) è generalmente considerata la migliore strategia per tradurre un marchio, in quanto riesce a catturare l’essenza del prodotto e allo stesso tempo riesce a trovare un equilibrio tra suono e significato.
Esempi di quest’ultima strategia sono il marchio tedesco Mercedes-Benz e il marchio svedese Ikea. La traduzione in cinese di Mercedes-Benz è Bēnchí 奔驰, che ha un suono simile al nome originale ed è composto da due caratteri il cui significato è “correre velocemente”. Dal momento che Mercedes-Benz produce automobili, questa nuova versione calza perfettamente con il suo scopo finale.
Per quanto riguarda il marchio Ikea, la versione cinese è Yíjiā 宜家, anche in questo caso il suono è simile a quello del nome originale e il suo significato in cinese è “adatto per la casa”. Ancora una volta, possiamo vedere come la nuova versione rifletta perfettamente l’essenza di questo marchio e dei suoi prodotti, dal momento che Ikea vende mobili e accessori per la casa.
Questo è un metodo efficace e intelligente per tradurre un marchio, in quanto riflette la natura del prodotto dandogli una personalità unica. In questo modo, un marchio ha molte più possibilità di avere successo nel pubblico e nel mercato di arrivo.
Quando si traduce un marchio da una lingua europea al cinese è importante considerare due diversi fattori: il primo, come già menzionato, è il diverso sistema di scrittura; il secondo è la differenza culturale.
Un esempio è la diversa concezione e il diverso significato che si attribuisce ai colori: in occidente il colore bianco rappresenta la purezza ed è solitamente associato ai matrimoni, mentre il nero è associato al lutto. Al contrario, in Cina il colore bianco rappresenta la vecchiaia e il lutto, mentre il nero simboleggia grazia ed eleganza.
Una buona traduzione rompe le barriere culturali e promuove un prodotto in maniera strategica. Per esempio, i cinesi amano i nomi di marchi che includono caratteri come fú 福 (“fortuna”), lè 乐(“felicità”), jīn 金 (“oro”) o che includono le parole lóng 龙 (“drago”) e fènghuáng 凤凰 (“fenice”), in quanto il drago e la fenice sono i due più potenti simboli di successo e prosperità nella cultura cinese.
È inoltre estremamente importante fare attenzione alla traduzione stessa dei marchi, perché un errore può compromettere il successo del marchio, un esempio è il caso del profumo Poison (in italiano “veleno”) prodotto da Christian Dior. Il termine poison nel mercato occidentale non ha causato alcun problema, infatti solitamente gli occidentali apprezzano questo tipo di nomi, perché cattura la loro attenzione e stimola il loro interesse. Sfortunatamente questo non è il caso dei consumatori cinesi. Il termine poison è associato alla morte e questo nome tradotto letteralmente non avrebbe avuto lo stesso impatto che invece ha avuto nel mercato occidentale. Pertanto non è stato tradotto letteralmente come “veleno”, ma è stato tradotto Bǎiàishén 百爱神, che significa “tutti lo ameranno”.
Per queste ragioni il processo di traduzione di un marchio è molto complicato, in quanto è necessario considerare tutti i fattori sopramenzionati. È essenziale trovare un equilibrio tra suono e significato al fine di creare una versione cinese di un marchio che sia orecchiabile e facile da ricordare per il pubblico di arrivo. Per concludere, Wang Ning (Professore e Direttore del Centre for Comparative Literature and Cultural Studies presso la Qinghua University) evidenzia perfettamente l’importanza della cultura nella traduzione nel suo articolo Translatology: Toward a Scientific Discipline (2001):
“Translation in today’s sense should be both a linguistic rendition as well as cultural interpretation, with the latter more emphatic”, ovvero: “la traduzione nel contesto odierno dovrebbe essere sia una resa linguistica sia un’interpretazione culturale, con l’ultima più enfatica”.
Come afferma Wang Ning, sia gli aspetti linguistici sia gli aspetti culturali devono essere considerati quando si traduce, ma quelli culturali sono ancor più rilevanti rispetto ai componenti meramente linguistici. Una buona traduzione deve essere innovativa e originale al fine di aumentare il tasso di vendita e stimolare l’interesse tra i consumatori, creando quindi una buona immagine del prodotto. Allo stesso tempo, ci sono numerosi aspetti culturali locali che devono essere considerati quando si traduce, altrimenti sviste di questo genere possono portare a fraintendimenti e di conseguenza a un risultato senza successo. Questi aspetti cruciali devono essere applicati in ogni settore che permette all’Europa e alla Cina di comunicare.
Il concetto essenziale che bisogna tenere bene in mente quando si traduce un marchio non è solo quello di superare le differenze linguistiche e culturali, ma anche, e soprattutto, trasformare queste differenze in vere e propri punti di forza per le proprie traduzioni.
Bibliografia
Feng, X. (2017). On Aesthetic and Cultural Issues in Pragmatic Translation: Based on the Translation of Brand Names and Brand Slogans. Routledge
Hong, F. C. (Frank), Pecotich, A. and Shultz, C. J. (2002) Brand Name Translation: Language Constraints, Product Attributes, and Consumer Perceptions in East and Southeast Asia, Journal of International Marketing, 10(2), pp. 29–45.
Liu, J. (2015). Name Selection in International Branding: Translating Brand Culture. Canadian Center of Science and Education, pp. 187-192.
Shi, H. (2017). Translation Strategies from Target Culture Perspective: An Analysis of English and Chinese Brands Names. International Journal of English Language & Translation Studies. 5(1), pp. 15-22.
Sun, Y., Wang, N. (2008). Translation, globalisation, and localisation: A Chinese perspective. Multilingual Matters, Buffalo, N.Y, p.100.
Wang, N., (2001) Translatology: Toward a Scientific Discipline, Chinese Translators’ Journal, 6, 2-6.
- Il presente articolo è la traduzione dall’inglese di Translation of Western Brand Names in Chinese as a Marketing Strategy e consultabile al seguente indirizzo: https://www.europeanguanxi.com/post/translation-of-western-brand-names-in-chinese-as-a-marketing-strategy
Copertina: “typical middle of china city” by JSolomon is licensed under CC BY 2.0