di Francesca Bianco
Dalla conclusione della Seconda guerra mondiale in poi, il Giappone ha vissuto un’intensa fase di influenza americana che ha condizionato il successivo periodo di rinascita sociale ed economica del paese. L’occupazione americana, durata fino al 1952, permise la massiccia importazione di oggetti americani che si diffondevano pian piano nel paese del Sol Levante. Negli anni 60 e 70 era impossibile non imbattersi in prodotti made in U.S.A. nelle metropoli giapponesi che venivano ricostruite su modello occidentale. Musica rock and roll, minigonne, chewing gum e sigarette americane comparivano nei bar, nei cinema attraverso i film, nei poster pubblicitari.
Murakami Ryū (1952), noto scrittore in Giappone al pari del suo omonimo Murakami Haruki (1949), cresciuto vicino alla base americana di Sasebo, Nagasaki, racconta nei suoi romanzi storie di giovani giapponesi che sognano l’America. Attraverso l’uso di droghe o attività sessuali estreme, i personaggi dei suoi romanzi vivono la loro vita condizionati da un’immagine fortemente polarizzata dell’America come luogo cool e di estrema libertà. Per nulla dissimili alle vicende biografiche dello stesso scrittore e di molti altri come lui, i suoi racconti svelano un mondo giovanile che nasceva e cresceva nel boom economico del dopoguerra, immaginando un luogo remoto fatto di eccessi e meravigliose vertigini allucinogene. L’America, posto dove tutto sembra possibile e terra natia dei self made men, era vista e spesso idealizzata attraverso gli occhi di adolescenti e giovani adulti che vedevano il Giappone ancora fermo nelle sue stringenti gerarchie sociali e familiari. Gli Stati Uniti diventavano così il luogo da voler visitare e vivere appieno, generando un desiderio che però rimaneva spesso incompiuto per molti dell’epoca, che non potevano permettersi un viaggio oltreoceano e poter così sperimentare la vera America.
Sognare l’America equivaleva a rifiutare il Giappone e a scardinarne le convenzionali norme sociali attraverso l’imitazione di atteggiamenti occidentali e il rifiuto delle tradizioni giapponesi. I personaggi dei romanzi di Murakami Ryū sono spesso invischiati in un mondo di prostituzione e attività illecite, inserendosi in quel sostrato sociale apertamente condannato dalla società giapponese convenzionale. Impersonificando il modello di outcast, veri e propri reietti della società, i ragazzi e le ragazze ritratti nei romanzi di Murakami vendono i loro corpi, assumono sostanze stupefacenti fino a raggiungere l’overdose e sognano di distruggere Tokyo mentre ascoltano i Rolling Stones, indossano jeans e mangiano hamburger.
In Kagiranaku tōmei ni chikai burū 限らなく透明に近いブルー (1976; Blu quasi trasparente, Atmosphere Libri, 2020), opera prima di Murakami, i personaggi Reiko e Okinawa, amici del protagonista Ryū, desiderano di finire in un centro di recupero per tossicodipendenti in America, sognando così un’isola felice in cui potersi disintossicare, luogo che non può essere il Giappone che li giudica e li opprime. In 69 Sixty-nine (1987; Atmosphere Libri, 2019) invece, Ai sogna di andare negli Stati Uniti e vedere i Grateful Dead in concerto e tenta di risparmiare soldi per riuscirci, immaginando un’avventura americana all’insegna della libertà. In In za miso sūpu インザ・ミソスープ (1997; Tokyo Soup, Mondadori, 2007), ancora, le giovani hostess girls con cui il protagonista Kenji e il suo cliente americano Frank entrano in contatto fantasticano di andare in America e di poter visitare i giganteschi negozi di moda di New York, ignorando del tutto gli equivalenti e altrettanto alla moda quartieri di Tokyo. Tutti questi esempi hanno in comune due elementi: il fatto che nessuno di loro riesce a compiere il suo desiderio e che l’America a cui puntano non è altro che il prodotto della loro idealizzazione. Ciò che loro immaginano essere l’America è soltanto il frutto della loro fantasia, il cui scopo è quello di contrapporsi alla stringente e opprimente realtà giapponese da cui tentano in ogni modo di fuggire. Tutti i personaggi coinvolti sono giovani scapestrati, a metà tra l’adolescenza e l’età adulta, e cercano di rimanere in questo limbo come rifiuto della società “dei grandi” e del diventarne produttivi membri.
Il sistema sociale giapponese, poco mutato rispetto ai tempi che Murakami Ryū racconta, comprende l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro attraverso rigidi schemi sociali. La gerarchia lavorativa finisce col sostituire la gerarchia familiare, e molto del tempo delle persone è dedicato al lavoro, tra straordinari e occasioni sociali tra subordinati e superiori, come le bevute nomikai 飲み会, a cui è quasi impossibile rifiutarsi. Il diventare adulti equivale, per i ragazzi e le ragazze giapponesi che sognano l’America, a dire addio ad un mondo fatto di libertà individuale di cui hanno letto attraverso la poesia e la letteratura americana o che hanno visto attraverso i telefilm d’oltreoceano. Il mondo di estremi e depravazioni raccontato nei romanzi di Murakami Ryū equivale al tentativo dei giovani di scappare dalla realtà giapponese che li chiama a sé e di creare una bolla nata dalla loro fantasia in cui possono nascondersi e che loro ritengono sia l’America.
Arriva però il momento in cui i sogni si scontrano con la dura realtà, e l’estrema idealizzazione dell’America si affianca ad un immaginario fatto anche di altro. In Blu quasi trasparente, i soldati della base americana di Fussa interagiscono con i protagonisti in maniera violenta e brutale, non impersonificando affatto lo stereotipo pop & cool con cui i personaggi giapponesi sembrano indentificare il paese d’oltreoceano. Le loro interazioni sessuali, seppure riescano a dipingere una drastica rottura con le convenzioni sociali giapponesi, risultano estreme anche per i protagonisti, che ne portano sulla pelle i dolorosi segni e cicatrici.
In 69 Sixty-nine, i giovani studenti giapponesi, sospinti dalla forza della musica rock americana, provano a rivoluzionare il sistema scolastico attraverso scioperi e occupazioni. I movimenti studenteschi, fatto storico che avvenne in Giappone proprio dal 1969 in poi, si sviluppano e progrediscono fino però ad arrivare ad un nulla di fatto. Lo spirito rivoluzionario, risvegliato nei ragazzi attraverso il boato feroce del rock americano, si assopisce, e la società giapponese ne rimane indifferente.
In Tokyo Soup, il personaggio di Frank, americano in visita a Tokyo come turista, turba e suscita agitazione per l’immagine stridente di un’America che porta con sé. Dalla fisicità inquietante, negato a baseball e pervaso da un’aura malevola, Frank non rappresenta affatto la figura stereotipica dell’americano che i personaggi del romanzo hanno a priori. Il protagonista Kenji è turbato dalla sua presenza, e la violenza fisica che Frank compie distrugge del tutto ogni illusione verso un’America gentile fatta di torte di mela e grandi campi di grano.
Un’idea, quella dell’America, fatta di immagini opposte e ambivalenti, estreme ed eccessive che si contrappongono ad un Giappone a volte rigido da cui si vorrebbe sfuggire. I racconti e romanzi di Murakami Ryū descrivono un’intera generazione di giapponesi che hanno guardato all’America in maniera trasognante, identificandola come la terra dell’eterna e febbrile giovinezza, e sicuramente parte di questa idea rimane ancora saldamente ancorata in Giappone. Ciò che però rimane ai personaggi di Murakami, come ai ragazzi giapponesi nati e cresciuti nell’epoca del rock and roll, è un Giappone che, per quanto venga rifiutato o sfidato nelle sue rigide norme sociali, rappresenta l’unica concreta realtà a loro disposizione e che non può venir scalzata da un’America tanto prorompente quanto però irreale.
Bibliografia
Flauto, Barbara. (2008) Perdita d’identità e critica sociale: il mondo estremo di Murakami Ryū. Il Giappone, 47, pp. 149–169.
Glynne, Walley. (1997) Two Murakamis and their American influence. Japan Quarterly, 44 (1), pp. 41–50.
Murakami, Ryū. (1976) Kagiranaku tōmei ni chikai burū. Tokyo: Kōdansha.
—(1987) 69 Sixty nine. Tokyo: Shūeisha.
—(1997) In za miso sūpu. Tokyo: Gentōsha.
—(2007) Tokyo Soup. Milano: Mondadori.
—(2019) 69 Sixty nine. Roma: Atmosphere Libri.
—(2020) Blu quasi trasparente. Roma: Atmosphere Libri.
Perwein, Christian. (2018) Transnational Japanese-American Ambiguities in Select Works of Murakami Ryu. Nanzan Review of American Studies, 40, pp. 3–21.
Francesca Bianco
Laureata Magistrale in Lingue e Culture Comparate, presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, si è specializzata in Letteratura Giapponese. Ha portato avanti numerosi progetti di ricerca studiando per un anno a Tokyo – partecipando, inoltre, come relatrice a varie conferenze internazionali e pubblicando articoli scientifici. Attualmente studia presso la Waseda University grazie ad una borsa di studio MEXT for Research Students.
copertina: Edizione Giapponese di “Blu quasi trasparente”. tutti i diritti riservati alla casa editrice e all’autore della foto.