Recensione: “Pavana per una Principessa Defunta” – Park Min-gyu

di Valeria Verde

“Protagonista, un giovane segnato dalla separazione dei suoi genitori, porta avanti un’esistenza grigia e senza significato, almeno finché grazie al suo lavoro di parcheggiatore in un grande magazzino non conosce meglio due suoi colleghi: una ragazza molto brutta e uno scapestrato a cui piace viaggiare con la mente. Si creerà fra loro tre un forte legame che però verrà bruscamente interrotto da eventi al di fuori del suo controllo che però lo spingeranno a portare avanti la ricerca degli altri e di sé stesso.”

“Pavana per una principessa defunta” di Park Min-gyu (traduzione di Benedetta Merlini), 2017, Metropoli d’Asia.

Il romanzo ha come fulcro portante la storia o, più precisamente, le storie di questi tre ragazzi le cui vite si intrecciano tra un nascosto locale di pollo fritto e i dedali delle strade nella città di Seoul dagli anni ‘80 fino al 2000. Storie reali, romanzate, provenienti dai ricordi di uno e dell’altro, che stringono il cuore con la loro gentilezza e malinconia. I tre, provenienti ognuno da parti differenti della Corea, sono single e abitano da soli, lavorano nello stesso grande magazzino e si avvicineranno l’uno all’altra come anime alla ricerca della luce che li può salvare.

Sulla base di quella che potrebbe sembrare una semplice storia di amore e amicizia contornata da musica e arte, l’autore inserisce tematiche più oscure e complesse quali il consumismo alla base di una società ormai assoggettata al materialismo; la politica del più forte che rivediamo in ambito scolastico, lavorativo e personale come la lotta che si instaura sul piano del mero e semplice aspetto fisico di una persona; la vergogna di sé e l’intrinseca invidia che accompagna ogni singola vita su questo pianeta; la paura di un futuro non chiaro a cui si va inesorabilmente incontro senza una guida che dia indicazioni; la consapevolezza che per vivere c’è bisogno di più del semplice esistere.

Interrogativi che colpiscono, prima o poi, chiunque. Interrogativi a cui però non sempre c’è una vera e propria risposta. Quindi quello che resta da fare è seguire la strada che abbiamo scelto pieni di speranza per una soluzione, come topi al seguito del suono del pifferaio.

“Ci parlano della struttura delle cellule dell’ameba e del plancton, ma perché non ci dicono nulla sulla struttura della sofferenza? Perché non ci consigliano un modo per dominare noi stessi prima di chiederci di dominare gli altri? […] Perché non ci lasciano in pace e perché andiamo sempre di fretta? Più invidiamo gli altri, più ci vergogniamo di noi stessi. E chi è la causa di tutto questo? Chi è il pifferaio di Hamelin dal volto invisibile?”

pp. 234

Il romanzo si apre da quella che si può definire “una fine” della storia, per poi procedere a ritroso, presentando l’incontro di questi ragazzi che muovono i primi passi nel mondo degli adulti, incapaci però di adattarsi alla frenesia che viene loro imposta.

Sono quindi quelli che noi potremmo definire “emarginati”, persone incomprese che tendono a rimuginare sulle sfaccettature della vita più del dovuto, proprio perché sono incapaci di comprendere totalmente le regole del mondo in cui si trovano. Ma, in fin dei conti, chi potrebbe mai avere coscienza di sé e dell’altro in un pianeta cosìsoggetto a mutamenti. Il giorno prima ci si sveglia convinti di avere l’amore in pugno, per poi rendersi conto l’istante dopo che quell’amore era solo una flebile fiamma riflessa in uno specchio. Concetti difficili da comprendere che scatenano dentro frustrazioni lente a svanire. Solo con l’aiuto di persone simili si può sperare diraggiungere un equilibrio, seppur precario, in cui riuscire ad andare avanti e non perdersi nel marasma di una società consumistica il cui unico obiettivo è produrre. Cambiare personalità in base alla situazione è come cambiarsi d’abito, si sceglie quello che sta meglio ma, soprattutto, quello che ha lo sconto maggiore.

“In questa società esistono solo il commercio e i saldi. È il capitalismo, in parole povere. Ti chiederai perché non ci siano i saldi tutto l’anno, trecentosessantacinque giorni su trecentosessantacinque, ma c’è un motivo: l’essere umano ha bisogno di credere che ha pagato meno di un altro e che il suo acquisto è stato un buon affare.”

pp. 72

Il protagonista, segnato dalla separazione tra la madre, donna insignificante, e il padre, attore di bell’aspetto che ha sempre e solo pensato alla sua rivalsa in ambito lavorativo, si ritrova catapultato da solo nel mondo reale, quello dove le persone pensano a loro stesse e a come fare per rimanere a galla. Non contano affatto i sentimenti, quello che conta è riuscire ad arrivare in una posizione tale che permetta di essere invidiati dagli altri. “Guadagno abbastanza?” “Ho una bella macchina?” “Sono abbastanza bella?” “Le altre vorrebbero essere come me?” sono le uniche preoccupazioni che sembrano interessare le persone comuni, preoccupazioni che non sembrano tangere in alcun modo né lui né i suoi due amici, così simili fra loro ma anche così distanti nel modo di approcciarsi al mondo.

Se il protagonista preferisce vivere quasi come se niente potesse scuoterlo e sperando che la felicità momentanea possa, contrariamente alle aspettative, durare per sempre, la ragazza di cui si innamora vive invece nascosta con la testa sotto la sabbia più letteralmente di quello che crede. È considerata da tutti una ragazza brutta, la più brutta che si sia mai vista, ferita fin dalla nascita per questa sua caratteristica ha sviluppato un modo tutto suo per proteggere l’animo dalle cattiverie: semplicemente non esistere. Però lui la nota e se ne innamora. Influenzato sicuramente dalla relazione naufragata dei genitori, non sembra interessarsi all’aspetto di lei perché quello che conta è il resto. Probabilmente questo suo interessamento è riconducibile ad un meccanismo inconsapevole di autodifesa. Il bello ferisce, il bello in fin dei conti non è poi così bello se porta solo sofferenza. Meglio quindi cercare altro, il semplice, il monotono. In questo caso: il brutto.

“Sa cosa si biasima più al mondo? Gli sforzi che fa una donna brutta per cercare di diventare bella. […] Il mondo non ha pietà per le donne che si impegnano per diventare più carine. Sono consapevole di essere, contrariamente alle altre ragazze, la Luna che mostra solo il suo lato oscuro. Anche se volessi girarmi per mostrare il mio lato luminoso… riceverei lo stesso rimprovero: <Non girarti, che è peggio.>”

pp. 225

La loro storia continua timidamente, come un fiore che tarda a sbocciare perché nato sotto un fitto strato di neve che non permette al sole di scaldare il piccolo bocciolo. I due, quasi incapaci di mostrare sinceramente quello che provano, faranno affidamento sul terzo elemento del gruppo, Yohan. Il più enigmatico di tutti, quello che in fin dei conti riesce a mimetizzarsi meglio in questo mondo fatto di apparenze, che mostra solo il suo lato felice e spensierato lasciando intravedere solo in qualche spiraglio la reale profondità del suo io. Condannato dal suo passato ad essere un’anima più sensibile delle altre, sarà lui a fare da collante e a permettere l’evolversi della relazione e anche a condannare la fine della stessa. Per lo meno in una delle storie che ci viene presentata. Quella che all’inizio ci sembra la più reale e verosimile. Quella che però lascerà un retrogusto amaro.

Avvicinatosi quasi per caso al protagonista, si insinuerà nella sua vita come una pianta rampicante, ogni fessura è un appiglio per avvicinarsi di più, per entrare più in profondità e così legarsi indissolubilmente all’altro. In realtà è Yohan che dev’essere considerato il vero protagonista del romanzo, data la sua reale importanza ai fini della vicenda. Non solo sarà il confidente e allo stesso tempo il consigliere dei due innamorati, la ragione per la quale si allontaneranno e poi si ricongiungeranno dopo del tempo ma, in verità, è colui che tira i fili dell’intera vicenda che conosciamo. È alla base del colpo di scena che farà sgranare gli occhi e torcere lo stomaco, il vero perno che ha permesso la nascita e lo sviluppo di tutto. Potremmo paragonarlo quasi a Dio e, in un certo senso, è quella la figura che rappresenta agli occhi del protagonista. Tutto ciò che dice, seppur non sempre chiaro e diretto, in verità è ciò che di più importante possa esserci. Le sue parole servono a guidare a far riflettere e permettere lo scontro con la realtà. Lui crea e lui distrugge, senza nessuna eccezione.

“La differenza fra una donna amata e una che non lo è più è netta quanto la differenza tra luce e tenebre. Un essere umano che ha quella luce interiore è sempre bello. Più la luce diventa intensa, più la curvatura del vetro e la forma della lampadina diventano indefinite. […] Una volta acceso, chiunque può brillare, e quella lampadina illuminerà meglio dellealtre. Questo è l’amore. […] Il motivo per cui tutti desiderano l’amore, ma non riescono ad amare, è che vedono solo la faccia meno illuminata dell’altro e perciò, ignorando ciò che l’altro può diventare, non lo considerano. La luce scaturisce sempre dall’altro.” 

pp. 225

Lo stile dell’autore che, per gli appassionati di letteratura orientale moderna, può avvicinarsi a tratti a quello di Murakami, è paragonabile ad un soffio di vento che fa muovere le foglie, se volessimo utilizzare parole che rimandano al suddetto stile. Con leggiadria, quasi come se volesse racchiudere nelle pagine il respiro saggio del mondo stesso, presenta agli occhi del lettore quesiti interessanti e spesso difficili da digerire, con la saggezza di un uomo anziano il cui scopo è ormai quello di lasciare ai posteri, piccoli bambini ancora in fasce, la soluzione di tali domande.

“Io chi sono? Qual è il mio posto? Durante quella primavera annotavo questi interrogativi prima di sprofondare nel sonno […] Con il tempo, il susseguirsi di quei giorni e di quelle notti avrebbero dato origine senza dubbio a un’isola. Un’isola in cui non succedeva mai niente. E ingozzandomi di birra mi dicevo che quella definizione era proprio corretta.”

pp. 234

Sempre presenti e ben inserite all’interno del contesto similitudini che servono non solo a trasportare il lettore sulla scena, essendo queste spesso collegate all’ambiente circostante oppure a singole parole pronunciate dai personaggi stessi, ma anche a conferire a tutta l’opera un tocco poetico, simile a quello che si prova appena si aprono gli occhi dopo un sonno profondo costellato da sogni, di cui si cerca di ricordare qualche particolare che però continua a rimanere sfocato, fumoso, ai margini della memoria. Tutto questo però accompagnato da diversi registri linguistici, ben armonizzati tra loro che fanno risaltare le voci dei vari personaggi che sono ragazzi quasi sul punto di diventare adulti, ma ancora legati ai sogni giovanili.

Elemento che potrebbe annoiare alcuni è sicuramente la presenza di molte ripetizioni. Spesso viene utilizzata la stessa espressione, la stessa parola o la stessa similitudine cambiandone leggermente i connotati. Superato lo straniamento iniziale lo si può apprezzare come tratto distintivo dello stile dell’autore. Una sorta di anafora rimaneggiata per far imprimere meglio il concetto che si vuole esprimere, quasi come a dare al lettore più occasioni per formarsi un’immagine mentale corrispondente.

Altro elemento che porta all’interruzione della lettura con conseguente perdita di concentrazione è la presenza nel romanzo di svariati errori di battitura. Come, per esempio, a pagina 120 un ‘infilandosi’ che diventa ‘infiAndosi’; o ancora a pagina 123 la parola ‘funerale’ che diventa ‘fuMerale’.

Park Min-gyu

Park Min-gyu debuted in 2003 with two widely-acclaimed novels: The Sammi Superstar’s Last Fan Club and Legend of Earth’s Heroes. He has authored the short story collections Castella and Double, and the novels Ping Pong and Pavane for a Dead Princess. His books in translation include Pavane for a Dead Princess (Dalkey Archive, 2014), Pavane pour une infante défunte (Decrescenzo éditeurs, 2014), and Ping-Pong (Editions Intervalles, 2016). (Author Bio by Korean Literature Now https://koreanliteraturenow.com/fiction/reviews/park-min-gyu-soul-world-castella-park-min-gyu)

Copertina: Foto di Markus Winkler da Pexels

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