Piani di sviluppo e sistema dell’Hukou: la realtà sulla migrazione interna nella Repubblica Popolare Cinese

di Chiara Paiocchi

Tra il 2001 e il 2015, si è stimato che i maggiori flussi migratori all’interno del territorio della Repubblica Popolare Cinese, avessero per lo più come mete principali le aree del Guangdong, di Shanghai e del Zhejiang (The Economist Intelligence Unit, 2018). Dall’altra parte, i territori dalla quale iniziavano tali flussi migratori, erano l’Hubei, il Sichuan e l’Henan, ovvero le zone con alta concentrazione di popolazione che vive di attività rurali (The Economist Intelligence Unit, 2018). Negli ultimi anni, ci sono stati diversi dibattiti su come gestire i flussi migratori all’interno del territorio. Il tema ad esempio, è stato anche ripreso durante la pianificazione del piano d’azione della Nuova via della seta (Belt and Road): le politiche nazionali infatti, potrebbero riuscire a favorire cambi di flussi migratori verso le aree più centrali, spostando così (o quantomeno riequilibrando un minimo) la densità di popolazione, nettamente più elevata nelle aree industriali costiere (The Economist Intelligence Unit, 2018).

Il notevole sviluppo industriale raggiunto dalla Cina negli ultimi anni, è intrinsecamente legato ai flussi migratori interni al territorio. Non a caso, nel 2010 si è stimato che l’ammontare totale dei lavoratori immigrati nei centri di sviluppo industriale, arrivasse a circa 155 milioni di persone (Chan, 2013). Con le riforme di Deng Xiaoping del 1987, questi stessi lavoratori sono stati la struttura portante dello sviluppo industriale del paese (Chan, 2013). Oltre alle riforme di apertura, un ulteriore fattore che ha portato all’aumento dell’industrializzazione del paese e dei flussi migratori interni verso le aree urbane costiere, è stato nel 2001 l’introduzione della Repubblica Popolare Cinese nel World Trade Organization (Facchini, Lu, Mayda, Zhou, 2019). Se già prima della sua partecipazione al WTO la Cina era considerata come il centro industriale della produzione di altri paesi, dopo questo evento divenne in assoluto una delle maggiori mete per gli investimenti esteri. Queste circostanze fecero sì che aumentasse anche il bisogno di manodopera (Chan, 2013).

Nel 2014, secondo le statistiche del China’s National Bureau of Statistics, circa 278 milioni di persone (il 20% della popolazione) vivevano almeno sei mesi all’anno lontani da casa (Facchini, Lu, Mayda, Zhou, 2019). Mentre negli ultimi anni si è cercato di facilitare l’ingresso dei “talenti” nelle grandi città, i lavoratori sprovvisti di qualifiche ufficiali devono far fronte a diversi ostacoli per sopravvivere nei grandi centri urbani, in quanto spesso non hanno nemmeno la garanzia di essere protetti dalle leggi fondamentali e devono far fronte a diverse discriminazioni (Facchini, Lu, Mayda, Zhou, 2019). Per comprendere meglio questo fenomeno, è necessario prendere in considerazione l’hukou, il sistema di registrazione della residenza vigente nei territori della Repubblica Popolare Cinese (Chan, 2013).

In Cina, ogni processo migratorio è fortemente regolato e inserito nel piano di sviluppo del Paese. In questo contesto, l’hukou indica la residenza e il lavoro di ogni individuo, oltre a garantire welfare come l’educazione, la sanità e la pensione pubblica (Facchini, Lu, Mayda, Zhou, 2019). L’hukou di una persona si eredita dalla madre, quindi per trasmissione famigliare, come in Europa viene ereditata la cittadinanza e tutti i diritti ad essa collegati. Regolando la residenza di ogni individuo, questo sistema ha reso il trasferimento da un territorio all’altro un processo molto complicato, in quanto era richiesto il consenso delle autorità centrali per ogni tipologia di spostamento, pure all’interno dello stesso distretto (Facchini, Lu, Mayda, Zhou, 2019).

Con le riforme di apertura nel 1978, la richiesta di manodopera nelle zone più industriali spinse le autorità ad essere più elastiche sui movimenti all’interno del territorio, in quanto consapevoli che il sistema così impostato non avrebbe agevolato la crescita industriale tanto agognata (Facchini, Lu, Mayda, Zhou, 2019). Dall’altra parte, questa flessibilità non corrispose direttamente ad un vero adattamento dell’hukou alla situazione: con i nuovi regolamenti ogni cittadino ebbe la possibilità di spostarsi, fino a quando sarebbe stato in grado di badare a sé stesso e ai suoi bisogni senza l’intervento dello Stato (Facchini, Lu, Mayda, Zhou, 2019).

Tra il 1992 e il 1998, vi furono ulteriori cambiamenti rispetto alla gestione dell’hukou: a partire da questa fase, alcune eccezioni (tendenzialmente persone altamente istruite e formate) ebbero la possibilità di cambiare residenza, quindi di trasferirsi nelle zone urbane continuando ad avere accesso ai servizi statali (Facchini, Lu, Mayda, Zhou, 2019). Per quanto riguarda i lavoratori meno specializzati, continuarono ad avere la possibilità di trasferirsi con permessi di residenza temporanei, ma senza il sostegno dei diritti garantiti dall’hukou (Facchini, Lu, Mayda, Zhou, 2019).

Come già menzionato, l’hukou rientra nei piani di sviluppo del paese; adottare queste nuove politiche non fu altro che un modo per attirare nei centri urbani i così detti “talenti” e, allo stesso tempo, avere manodopera che contribuisse ai piani statali senza interferenze o costi aggiuntivi (Chan, 2013). Abbandonare la propria terra per trasferirsi nelle zone urbane, voleva dire non fare uso dei servizi statali durante tutto l’arco di tempo passato fuori da dove si era stati registrati, garantendo quindi allo Stato un considerevole risparmio delle risorse (Facchini, Lu, Mayda, Zhou, 2019). Il sistema dell’hukou ha continuato a persistere nel tempo, specialmente durante gli anni 2000, quando a pari passo con la crescita economica del paese si imposero restrizioni per controllare il mercato immobiliare (Chan, 2013).

Oltre a prevenire l’uso del welfare ad una consistente porzione della popolazione, questo sistema di registrazione ha creato una barriera tra la popolazione locale e quella immigrata, mantenendo così una chiara distinzione tra le due (sia legale, che sociale) e, di conseguenza, l’emarginazione della seconda (Tyner, Ren, 2016). Questo fattore, insieme alla complicata burocrazia, è indubbiamente uno dei fattori che allontana la popolazione priva di hukou urbano a farne richiesta e a rimanere in un perenne status sociale periferico (Tyner, Ren, 2016).

All’incertezza e alle difficoltà che spesso si parano davanti a chi migra nelle aree urbane, si contrappone invece il contesto di provenienza, ulteriore elemento che previene la richiesta di trasferimento dell’hukou: uno dei vantaggi di avere un hukou rurale, è infatti quello di poter spesso ottenere anche un appezzamento di terra (Tyner, Ren, 2016). Secondo diverse ricerche, i lavoratori migrati nelle aree urbane con un hukou che garantisce la dotazione di una proprietà terriera, tendono ad integrarsi nel nuovo contesto sociale molto meno rispetto a chi non ha avuto questo beneficio e, di conseguenza, a non fare richiesta di un nuovo hukou (Tyner, Ren, 2016). Questa strategia, ha permesso allo stato di prevenire diverse richieste di trasferimento della residenza, nonché le sue numerose conseguenze sul bilancio statale. Nonostante questo benefit, la grande disparità tra i salari delle aree rurali e quelle urbane, ha portato comunque molte persone a lasciare la propria terra (Chan, 2013).

Dopo l’accesso della Repubblica Popolare Cinese nel WTO, vi sono state alcune agevolazioni per la mobilità interna alle province, ma non vi è stata una vera liberalizzazione della mobilità all’interno del territorio (o almeno, non si è verificata con il conseguente trasferimento dell’hukou) (Facchini, Lu, Mayda, Zhou, 2019). Nonostante sia stata uno dei fattori principali per lo sviluppo economico del paese, la popolazione migrata nelle zone urbane non ha ancora avuto il riconoscimento e la sicurezza statale del suo ruolo. Al contrario, viene spinta a mantenere la registrazione di residenza nelle aree d’origine, permettendo così allo Stato di contenere anche il bilancio del welfare. Ancora oggi, si ha la possibilità di cambiare l’hukou a seconda dei motivi che spingono a chiederne uno diverso: se il trasferimento è affine agli interessi e ai piani delle autorità centrali, si potrà ottenere il trasferimento con hukou annesso, altrimenti lo spostamento porterà alla perdita della protezione garantita dal welfare (Chan, 2013).

Bibliografia

  1. Chan K. W. (2013), China: Internal Migration, The Encyclopedia of Global
    Human Migration
    , Jhon Wiley & Sons.
  2. Facchini G., Liu M.Y, Mayda A. M., Zhou M. (2019), China’s “Great Migration”: The impact of the reduction in trade policy uncertainty, Journal of International Economics, 126-144, Elsevier.
  3. Tyner A., Ren Y. (2016), The Hukou system, rural institutions, and migrant integration in China, Journal of East Asian Studies, 331-348.

Sitografia

  1. The Economist Intelligence Unit (2018), Regional China: Internal Migration,
    The Economist. [Consultato il 10 settembre 2021]. Disponibile da: http://country.eiu.com/article.aspx?articleid=1326926316&Country=China&topic=Economy

Copertina by: “Floating Population” by FreedomHouseDC is licensed under CC BY-NC 2.0

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