di Giordano Gemelli
Sul finire degli anni Cinquanta, lo Tsuda Nobutoshi Dance Studio di Tokyo fu un luogo di spiccato interesse per la danza contemporanea giapponese. Fu infatti sede per le esercitazioni del danzatore Hijikata Tatsumi, celebre per essere stato tra i fondatori della danza butō1 舞踏 . La nascita del butō viene fatta risalire al 1959, quando Hijikata si esibì presso la Dai Ichi Seimei Hall 第一生命館 di Tokyo; l’opera portata in scena, Kinjiki 禁色 (Colori Proibiti), si ispirava liberamente all’omonimo romanzo di Mishima Yukio. Nel medesimo anno, Hijikata rielaborò lo spettacolo tenendo a mente autori come Artaud, de Sade, Bataille e Lautréamont, e citando direttamente anche Notre-Dame-des-Fleurs di Jean Genet (Marenzi, 2016). Durante le prove relative alla seconda versione di Kinjiki, Mishima Yukio decise di recarsi allo studio Tsuda. La visita dello scrittore fu ben accolta, al punto da coinvolgerlo nelle esercitazioni. Mishima rimase stupito dinanzi a tecniche di danza così suggestive e all’avanguardia (Baird, 2019). L’interesse per il butō avvicinò lo scrittore alle fotografie di Hosoe Eikoh, che in più occasioni riprese le performance di Hijikata. Gli scatti raccolti in A Photographic Collection dedicated to Tatsumi Hijikata convinsero immediatamente Mishima della potenzialità del fotografo. Non esitò infatti a contattarlo tramite l’editore Kodansha. Il 1961 segnò dunque il primo incontro tra Hosoe e Mishima presso la casa dello scrittore, intenzionato a farsi fotografare (Johnson, 2004). Mishima godeva già di una certa fama a livello nazionale, ma non aspirava a ottenere dei ritratti che si limitassero a celebrare la propria icona; si pose come un soggetto da indagare e plasmare tramite l’arte fotografica.
Il giardino dello scrittore si tramutò in palcoscenico: il suo corpo era diventato protagonista di una performance diretta da Hosoe. Mishima non poteva sottrarsi al volere del regista; per questo motivo venne avvolto con un tubo per l’irrigazione e immortalato così, come se fosse intrappolato nelle spire di un serpente. Hosoe spazzò via quell’aura sacrale intorno alla figura di Mishima e mandò in frantumi il mito che rappresentava con l’intenzione di ricostituirlo attraverso la fotografia (Vartanian, 2006).

Nel corso dell’incontro, Mishima mostrò a Hosoe numerose opere pittoriche appartenenti al Rinascimento italiano con l’ausilio del volume I pittori italiani del Rinascimento di Bernard Berenson. Raffaello, Botticelli, Boltraffio e altri autori vennero introdotti al fotografo, così come la figura di San Sebastiano e del suo martirio. L’arte rinascimentale divenne parte integrante di Barakei, serie fotografica pubblicata come fotolibro nel 1963. Il nome, composto da composto da bara (rosa) e kei (castigo) venne sostituito con Killed by Roses nel mercato estero. A partire dalla seconda edizione del 1971 si optò in via definitiva per il titolo Ordeal by Roses (Hosoe, 1985). Barakei2 è suddivisa in cinque parti distinte, ricalcando la struttura delle pièce teatrali. Un modo efficace per sottolineare la natura performativa dell’opera. Di queste, solo la prima sezione è priva di fotografie, in quanto occupata dalle grafiche realizzate dal designer Sugiura Kohei: una delle diverse contaminazioni artistiche presenti in Barakei. Le rimanenti parti gettano luce su un universo intriso di follia, tormenti ed erotismo. Viene così esplorato l’immaginario di Mishima attraverso il suo corpo nudo, o meglio, il suo nikutai 肉体; un termine che si può tradurre con l’espressione “corpo di carne”, proprio per enfatizzarne la dimensione carnale e sensuale (Centonze, 2018). Un concetto esplorato anche dalla danza butō, motivo per cui in Barakei #15 compare Hijikata Tatsumi; il suo corpo viene fotografato di spalle, intento a coprire quello di Mishima. La composizione viene chiusa da Ōno Yoshito, del quale si intravedono solamente le gambe. La presenza del ballerino butō rinforza la centralità del nikutai e sottolinea ulteriormente la natura performativa di Barakei.
Nel corso della quarta sezione, intitolata Divers Desecrations, viene illustrata una dimensione onirica dove il nikutai entra in diretto contatto con l’arte rinascimentale. Hosoe trasferisce gli scatti di Mishima all’interno di opere appartenenti al Rinascimento italiano. Una sovrimpressione di immagini che si rifà al surrealismo giapponese dei primi anni Trenta. In una di esse il volto di Mishima viene sovrapposto a quella del Cristo deposto raffigurato nella Pietà di Sebastiano del Piombo.
Una composizione che riesce a sintetizzare l’estetica dello scrittore, da sempre teso tra Eros e Thanatos, tra Oriente e Occidente.
L’ossessione nei confronti della morte e del martirio diventa il tema portante dell’atto finale di Barakei. Mishima riesce a soddisfare le proprie perversioni dapprima impersonando San Sebastiano, poi simulando la propria dipartita. Negli ultimi scatti si esibisce nel suo canto del cigno: la morte in Barakei si fa prefigurazione del seppuku. D’altro canto, l’ultima sezione della serie avrebbe dovuto intitolarsi “Death” piuttosto che Retribution of the rose. Inoltre, Mishima era intenzionato a rilasciare la seconda edizione di Barakei il 25 novembre 1970, in contemporanea al proprio suicidio (Vartanian, 2006). In realtà, il clamore legato alla sua morte spinse la casa editrice Shueisha a posticipare la pubblicazione del volume all’anno seguente, trasformando Barakei in un vero e proprio requiem.
Note
- In origine la danza venne definita Ankoku Butō 暗黒舞踏. Ankoku 暗黒 significa letteralmente: “nero come la pece”. Butō è invece composto dai caratteri, bu 舞: “danzare” (carattere presente anche in Kabuki), e tō 踏: “fare un passo”. Prima dell’utilizzo del termine Ankoku Butō, si utilizzava Butō per indicare ogni danza che non rientrasse fra quelle tradizionali giapponesi, solitamente indicate come Buyo. Con il passare degli anni il termine Butō passò a indicare quelle danze riconducibili a Hijikata Tatsumi e Ohno Kazuo (Klein, 1988).
- L’edizione presa in considerazione è la ristampa del 1985, realizzata tenendo fede alla pubblicazione originale del 1963.
Bibliografia
- Baird B. (2019) Contemporary nightmare: an avant-garde dance group dances Forbidden Colors. In: Baird B., Candelario R., The Routledge companion to butoh performace. New York: Routledge, 52-53.
- Centonze K. (2018) Aesthetics of Impossibility: Murobushi Kō on Hijikata Tatsumi, Dorsoduro: Cafoscarina, 24-25.
- Hosoe E., Mishima Y. (1985) Barakei: Ordeal by Roses, New York: Aperture, 95-97.
- Johnson B. (2004) Photography Speaks: 150 photographers on their art, New York: Aperture, 213-215.
- Klein S. (1988) Ankoku Butō: the premodern and postmodern influences on the dance of utter darkness, Itacha: Cornell University, 2-3.
- Marenzi S. (2016) Butoh-fu. Dance and words. Teatro e storia, 37: 49-150.
- Vartanian I., Hatanaka A., Kambayashi Y. (2006) Setting Sun: Writings by Japanese Photographers, New York: Aperture, 132-138.
Copertina: https://www.flickr.com/photos/24633196@N00/2512677599/in/pool-38507361@N00