Haenyeo e Ama: due culture messe a confronto

di Claudia Zangari (Referente Sezione Corea)

Come in Corea vi sono le haenyeo, anche il Giappone ha le sue sirene, chiamate ama (海人; 해인, haein) ossia “persone di mare”.
Interessante differenza che salta subito all’occhio è l’esistenza di uomini che svolgo
tale mestiere. Infatti, il termine ama ha resa grafica diversa a seconda che si riferisca
alle donne o agli uomini:

  • 海女, ama (coreano 해녀, haenyeo): lett. “donne di mare”, scritto utilizzando il kanji di “donna” (女);
  • 海士, ama (coreano 해사, haesa): lett. “guerrieri del mare”, reso graficamente con il kanji di “gentiluomo”, samurai (士);


Grazie alla natura insulare dell’arcipelago giapponese, le ama sono equamente distribuite su tutto il territorio, con particolare concentramento nella prefettura di Mie
e nella prefettura di Ishikawa.
L’origine della ama sembra risalire ad epoche remote come testimoniato dal ritrovamento, nella penisola di Shima, di strumenti chiamati awabikoshi (アワビオコシ) che sono stati datati tra il periodo Jōmon (14.000-300 a.C) e il periodo Yayoi (300 a.C-300 d.C) ed erano utilizzati per la raccolta di abaloni. Altra testimonianza risalente però ad epoche più tarde, è costituita da una tavoletta in legno ritrovata all’interno del palazzo imperiale della capitale Heijōkyō durante l’epoca Nara (710-794), sulla quale si riporta che gli abaloni arrivati a Nara provenivano dalla città di Shima, nella prefettura di Mie.

Utagawa Kunisada (1786-1864) “Pescatrici di conchiglie”

Il termine ama apparse per la prima volta nel Man’yōshū 万葉集 (“Raccolta delle diecimila foglie“), una raccolta di quasi 5.000 poesie waka 和歌 compilata nell’VIII sec. Nell’Engishiki 延喜式 (“Procedure dell’Era Engi“), un’opera su leggi e costumi del 927 d.C, si fa riferimento alle ama della città di Shima, chiamate kazukime 潜女 (“donne pescatrici”), le quali pagavano le tasse sotto forma di abaloni.
Successivamente, tra il XIX e il XX sec., nacque la necessità di migrare per lavorare. Inizialmente gli spostamenti erano interni (penisola di Kii, Tosa, Hokkaidō, Kyūshū, penisola di Izu etc…) ma con l’apertura delle frontiere coreane nel 1876, i flussi migratori vennero orientati anche verso la penisola coreana (Jeju, Ulsan, Busan, Geojedo, Dokdo), non mancarono però gli spostamenti nel Pacifico, verso le coste statunitensi. Le migrazioni verso la Corea si fecero più intense con l’annessione della penisola nel 1910, con l’intento del Giappone di creare un proprio impero sulla falsa riga delle potenze occidentali (Dai Nippon Teikoku 大日本帝國, “il Grande Impero del Giappone”).
Oggi, così come le haenyeo, anche le ama sono in continuo declino: se ne contano circa 2.000 sparse soprattutto nelle città di Shima e Toba, nella prefettura di Mie. Per preservare la loro cultura e trasmetterla alle future generazioni come tesoro nazionale,
anche il Giappone aspira ad integrare le ama come patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO.

Utamaro, Enoshima Yūryō Awabi-tori no Zu (1804–06), Metropolitan Museum of Art

Le ama vengono suddivise in gruppi a seconda delle tipo di lavoro che svolgono.
Abbiamo:

  • Funado (舟人): o anche funedo, nakaisodo, okazuki, okiama, funekazuki, raggruppa tutte quelle ama che servendosi di una barca (fune 舟, ovvero “barca”), si spingono in zone più profonde per pescare. Si tratta di ama molto abili nella loro arte poiché tale tipo di pesca implica immergersi a profondità maggiori e quindi avere una migliore capacità polmonare per poter spingersi fino il fondale marino. Alle navi, solitamente condotte dal marito o da un membro della famiglia delle donne, vi è legata una corda adoperata per aiutare le pescatrici a risalire a galla ma allo stesso tempo per aiutarle a discendere più velocemente grazie alla presenza di un peso alla sua estremità.
  • Kachido (徒人): questo gruppo è composto da ama che partono alla volta del mare partendo dalla costa e possono immergersi a profondità inferiori rispetto alle funado ama. In posto della nave le kachido ama utilizzano una boa dove potersi appoggiare per riposare e alla quale è legata una rete dove poter riporre i prodotti pescati.

Nel XVIII secolo sono state create diverse xilografie raffiguranti le ama nella loro nudità mentre si accingono a lavorare. Anche oggi se si cerca su internet il termine ama le immagini che spuntano ritraggono queste pescatrici nude con indosso null’altro se non un fundoshi 褌, ossia un perizoma, oppure un isonakane 磯ナカネ, un panno in cotone bianco e infine una fascia usata per legare i capelli chiamata tenugui 手拭い. Generalmente questo abbigliamento fu usato principalmente nel periodo Meiji (1868-1912), anche se vi sono alcune ama che prediligono ancora tale vestiario poiché più leggero e comodo per pescare. Tra la fine del periodo Meiji e l’inizio del periodo Showa (1912-1926) venne introdotta una blusa in cotone chiamata isoshatsu 磯シャツ. Solamente negli anni sessanta vennero introdotte le uettosūtsu ウエットスーツ, le mute in gomma che negli anni 70’ verranno introdotte anche in Corea, mentre la maschera, in giapponese isomegane 磯メガネ, fu introdotta all’inizio del ‘900 ed inizialmente si presentava sotto forma di occhialini, per poi passare alla maschere monoculari o binoculari usate oggi. Prima dell’introduzione della maschera, le ama praticavano la pesca senza vedere (mekurasagashi 盲探し, lett. “ricerca alla cieca”). Per quanto riguarda gli strumenti impiegati dalle ama per la pesca, questi sono in tutto e per tutto simili a quelli utilizzati dalle haenyeo, ad eccezione dell’isooke 磯桶, un cesto in legno adoperato principalmente dalle kachido ama, utilizzato come boa e allo stesso tempo come contenitore ove porre i prodotti pescati.

Vi è poi l’amagoya 海女小屋 che ha lo stesso impiego del bulteok ma ne differisce poiché, mentre nel bulteok si possono riunire molte haenyeo, nell’amagoya, di dimensioni più piccole, si possono riunire tra le tre e le quattro persone o in alcuni casi vi sono
amagoya utilizzati da una sola ama.

Ama intenta a raccogliere perle. By Fg2 – Own work, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=215777

Credenze religiose delle ama

Il culto del Santuario di Ise è intimamente legato con le ama di Shima e Toba. Secondo una leggenda, Yamatohime no Mikoto, il fondatore del santuario di Ise, dopo aver fondato il tempio in cui venerare la dea Amaterasu, la dea più importante del pantheon shintoista, si recò a Shima dove un’ama chiamata Oben gli fece assaggiare un abalone.
Rimasto estasiato dal sapore di questo mollusco, chiese allora alla donna di offrire tale frutto al tempio di Ise. È così che tale usanza divenne una tradizione che si protrae fino ai giorni nostri. Anche il culto del mare è molto importante essendo fondamentale per questa comunità.
Vi sono due simboli a cui le ama fanno affidamento per proteggersi dai pericoli che potrebbero incombere in mare. Il primo simbolo chiamato seiman (セーマン) e consiste in una stella disegnata con un unico tratto continuo così da non fare entrare gli spiriti maligni; il secondo chiamato dooman (ドーマン) ed è invece un reticolo costituito da cinque linee verticali e quattro orizzontali e per la sua intricata struttura confonde lo spirito impedendogli di entrare. Questi due simboli sono disegnati o cuciti sugli strumenti o gli indumenti delle donne pescatrici.
Infine vi sono vari riti shintoisti tenuti localmente, come ad esempio lo Shirongo matsuri (しろんご祭り) tenuto a Toba, sull’isola di Sugashima, durante il quale vengono offerti abaloni al santuario shintoista di Shirohige.

Bibliografia

  1. Kato, K (2006). Waiting for the tide, tuning in the world: Traditional knowledge,
    environmental ethics and community. In The 2nd International Small Island
    Cultures Conference
    , Norfolk Island, Sydney: Small Islands Cultures Research
    Initiative.
  2. KIM, Hak-Mo, AN, Mi-Jeong, PARK, Kyung-Hoon. (2014). A comparative study between Jeju’s Haenyeo and Japan’s Ama. Jeju, Jeju Haenyeo Museum & Research Institute for Regional Government & Economy of Korea, 제주해녀와 일본아마 비교 연구. 제주해녀박물관, (재)한국자치경제연구원.
  3. Rahn, H., Yokoyama, T. (Eds.) (1965). Physiology of breath-hold diving and the Ama of Japan. National Academy Of Sciences-National Research Council Washington Dc.

Sitografia

  1. http://www.amabunka.sakura.ne.jp/
  2. https://www.city.toba.mie.jp/
  3. http://www.koitoba.com/history/
  4. Starling A. (2017). Japanese Folklore of the Ocean: The Ama Divers, Sea Demons, and Ise Jingu. [online] [consultato il 23 ottobre 2021]. Disponibile da: https://folklorethursday.com/regional-folklore/japanese-ocean-folklore/

Copertina by:

Immagine nell’articolo: Utamaro, Enoshima Yūryō Awabi-tori no Zu https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Utamaro_(c.1804%E2%80%9306)_Enoshima_Y%C5%ABry%C5%8D_Awabi-tori_no_Zu(left_3_prints_of_6,_Met).jpg

Claudia Zangari

Referente Sezione Corea. Completato il percorso triennale in Lingue e Civiltà Orientali e Africane presso l’Università degli Ctudi di Napoli “L’Orientale”, ha avuto l’opportunità di poter insegnare la lingua italiana a Praga tramite il programma Erasmus+ Traineeship. Alla fine del periodo Erasmus+ ha deciso di intraprendere il suo primo viaggio in Corea, dove ha frequentato il Korean Language Institute (KLI) presso la Yonsei University. Tornata in Italia ha deciso di continuare il suo percorso accademico iscrivendosi al corso di laurea magistrale in lingue e civiltà orientali presso l’università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Ha portato a termine un programma di doppio titolo italo – coreano stipulato tra “La Sapienza” e la Hanyang University di Seoul, ottenendo una laurea magistrale in lingue e civilità orientali e un Master’s degree in International studies. I suoi interessi nell’ambito della coreanistica variano molto: dalla storia alla letteratura, dalla politica alla più recente Hallyu e così via. Nonostante non abbia ancora un obiettivo specifico per il suo futuro, spera di poter ampliare maggiormente la sua rete di conoscenze sulla Corea e magari poter contribuire a sua volta alla diffusione della cultura italiana in Corea.

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