Vis à vis: lo sguardo di Orfeo e Izanagi

di Loris Zevrain

Il mito di Orfeo ed Euridice gode di una fortuna che pochi altri miti possono vantare, soprattutto nella tradizione scultorea, letteraria, musicale e filosofica. Alcuni suoi temi e dinamiche si ritrovano nel folclore mondiale nelle vesti più varie e, in riferimento alla tradizione nipponica, un accostamento che sorge naturale è quello con il mito delle divinità Izanagi イザナギ e Izanami イザナミ.

Questo breve articolo si propone come una lettura comparativa sul ruolo dello sguardo nelle due narrazioni e vuole mettere in luce tratti comuni e discrepanze al fine di avvicinare due leggende geograficamente distanti, ma narrativamente vicine1.

Orfeo ed Euridice

Orfeo è figlio del re di Tracia Eagro e della musa Calliope ed è dotato di  un talento magistrale nella poesia e nella musica. Egli è sposato con la driade2 Euridice di cui si innamora anche Aristeo, figlio di Apollo. Un giorno, per sfuggire alle insistenze di quest’ultimo, la giovane corre, ma calpesta un  serpente che la punge e ne provoca la morte. Distrutto dal dolore, Orfeo si reca al cospetto di Ade e Persefone che, commossi dal suo canto, gli concedono di  ricondurre l’amata nel regno dei vivi. La condizione che essi pongono è che, sino a che non giungeranno alla luce del sole, Orfeo preceda la donna e non si volti mai a guardarla. Durante il tragitto, il giovane, dimenticando la promessa fatta (o forse consapevolmente)3, si volta. Nell’istante in cui i suoi occhi si  posano sul volto dell’amata questa svanisce e Orfeo assiste impotente alla sua seconda morte (Figura 1).

Figura 1. Sculture di Orfeo ed Euridice di Antonio Canova conservate al Museo  Correr di Venezia.

Izanami è sorella maggiore e moglie di Izanagi. I due sono incaricati dalle divinità progenitrici Kuni no Tokotachi 国之常⽴神 (Kuninotokotachi no Kami)4 e Ame no Minakanushi アメノミナカヌシ5 di far sorgere le terre  dall’oceano. Un giorno, tuttavia, la dea muore dando alla luce Kagutsuchi カグ ツチ, il loro ultimo figlio6. Izanagi, adirato per la morte della moglie, uccide il  neonato e intraprende un viaggio nello yomi ⻩泉 (lett. “mondo dell’oscurità”) per riportarla con sé. I due riescono ad incontrarsi ma Izanami, nascosta dalle ombre, è ormai un tutt’uno con la terra dei morti in quanto già cibatasi degli alimenti degli Inferi. Ciò nonostante, la dea decide di tentare una supplica agli dei dello yomi e ordina a Izanagi di aspettarla, vietandogli di guardare. Izanami, però, si assenta così a lungo che il marito, usando un dente del suo pettine come torcia, decide di seguirla e la scopre, così, piena di vermi. Atterrito, Izanagi fugge inseguito dalla dea umiliata e da una yomotsu shikome ⻩泉醜⼥ (lett. “brutta donna  dell’oltretomba”). Il dio getta a terra un pezzo di vite usato per legarsi i capelli,  immediatamente nasce dell’uva e la yomotsu shikome perde tempo per divorarla.  Poi, getta un pettine, nascono dei germogli di bambù e ancora una volta la yomotsu shikome si blocca. Dopodiché, Izanami scatena otto divinità del tuono e un’orda di guerrieri, ma Izanagi, difendendosi con la spada, giunge allo Yomotsu  hirasaka ⻩泉⽐良坂7 (Figura 2) dove lo yomi è legato al mondo umano, fa rotolare un enorme masso attraverso il sentiero precludendosi così a Izanami. Il  masso, oltre a bloccare la via, sancisce anche la rottura della loro promessa di  matrimonio.

Figura 2. Yomotsu hirasaka ⻩泉比良坂 nella città di Matsue 松江市(まつえ
し).

Vis à vis

Il principale trait d’union fra i due miti è lo sguardo che l’amato rivolge  alla controparte femminile. Come sottolinea Reider (2007:119-120), “the  “taboo of looking” is a familiar folk literature motif: unable to resist the  temptation, the protagonist often breaks a promise not to look”. Difatti, allo  stesso modo di Orfeo, Izanagi tradisce la parola data e guarda l’amata  sancendone così la perdita definitiva. Proprio in questo istante di vicinanza  narrativa si cela in realtà la più importante discrepanza tra le due narrazioni. Orfeo si volta e vede una bellissima Euridice scivolargli tra le mani; Izanagi si volta e vede invece un corpo rivoltante gremito di vermi. Questo sviluppo fa  prendere ai due miti direzioni opposte sia per quanto riguarda la condotta dei protagonisti maschili che delle rispettive amate. Euridice, nonostante  l’amarezza per l’occasione perduta, non ha nulla da rimproverare all’amato che credeva perduto fino a poco prima. Ella non può che sentirsi appagata per la possibilità di un ultimo incontro con Orfeo. Di fatti, come canta lo stesso Ovidio ne Le Metamorfosi (Ovidio 2011:810-811):

In quell’istante, come risucchiata 
da un vortice implacabile, Euridìce 
scivolò indietro e tendendo le braccia 
cercava invano di aggrapparsi a lui 
e d’essere afferrata, ma, infelice, 
altro non strinse che l’aria sfuggente. 
Ma non ebbe parole di rimprovero 
per il suo sposo in quella nuova morte 
(di cosa mai poteva lamentarsi 
se non d’essere amata?): «Addio!», gli disse, 
e l’estremo saluto giunse appena 
alle sue orecchie, mentre lei svaniva 
nell’abisso da cui era salita”. 

Al contrario, Izanami non si dimostra similmente comprensiva ed è furiosa  di fronte al comportamento del marito: 

Atterrito il maestoso Izanaki volse in fuga mentre la maestosa  Izanami gli gridava: 
«Umiliata, mi hai umiliata!», e incitava le orripilanti 
femmine delle acque ocra all’inseguimento”.

(Yasumaro 2006:41)

Una giustificazione dei sentimenti provati dalle due donne può essere ricercata nella funzione ‘fissativa’ che lo sguardo dei rispettivi amati svolge. La  bella Euridice non teme lo sguardo di Orfeo, lo cerca. Di fatti, non è la giovane  che impone il veto sullo sguardo, ma sono Ade e Persefone. Euridice brama il  momento del vis à vis. Lo sguardo dell’amato sancirà il suo ritorno al mondo dei  vivi e sia lei che l’ascoltatore non possono che attenderlo impazientemente (a  maggior ragione quest’ultimo che non sa se ad essere tenuta per mano sia  proprio la giovane o un’ombra). Nel mito nipponico, invece, è Izanami ad imporre al marito il veto sullo  sguardo spinta dal suo aspetto mostruoso. Come suggerisce Jean-Paul Sartre  (1905-1980) in L’Être et le Néant (1943, L’Essere e il Nulla), l’esteriorità di cui siamo dotati sfugge a qualsivoglia controllo interno. L’esteriorità ha come risultato la vergogna di sé, il “riconoscimento del fatto che sono, per l’appunto,  l’oggetto che altri guarda e giudica” (Sartre 2014:615). In particolare: 

“[…] La vergogna mi rivela che io sono quell’essere. Non al modo  dell’“ero” o del “doverlo essere”, ma in-sé. Solo, non posso realizzare il  mio “essere seduto”; tutt’al più, si può dire che lo sono e non lo sono  insieme. Basta che altri mi guardi perché io sia ciò che sono”.

(Sartre 2014:618)

Izanami, schiava di un’esteriorità sulla quale non può agire, sa che nel  momento in cui l’amato la vedrà il suo amore andrà in frantumi. In aggiunta, lo sguardo di Izanagi ha un potere straordinario. Esso priva Izanami della padronanza di sé, in particolare dell’immagine che ella vuole avere di sé, ed ha  un effetto fissativo. Da una parte è segno indiscutibile del suo aspetto rivoltante;  dall’altra, è il mezzo attraverso cui la sua tremenda immagine si imprime nella  memoria dell’amato, caratterizzando così il suo ricordo d’ora in avanti.

Un’altra discrepanza tra i due miti che vale la pena menzionare è la durata  del contatto visivo. Nel mito greco i due amati hanno a stento il tempo di fissare nella memoria il volto dell’altro prima dell’eterna separazione. Lo sguardo è un  istante, dura appena l’ultimo “Addio!” di Euridice. 

Figura 3. Izanami イザナミ e Izanagi イザナギ allo yomotsu  hirasaka ⻩泉⽐良坂.

Al contrario, nel mito nipponico il contatto visivo è ripetuto nel tempo. Alla fine dell’inseguimento, quando Izanagi fa rotolare un enorme masso  attraverso il sentiero, i due protagonisti si trovano l’uno di fronte all’altra (Figura 3) e rompono le loro promesse di matrimonio:

Con la roccia fra loro, ciascuno da una parte, i due pronunciarono  un solenne giuramento. 
«Mio caro, amato mio – disse la maestosa Izanami – se così dunque  stanno le cose, ogni giorno soffocherò a morte mille della folta siepe di  uomini in carne e ossa del tuo mondo». 
«Mia cara, amata mia – disse grave il maestoso Izanaki – tu farai  questo, ma io farò che ogni giorno sorgano millecinquecento capanne per  il parto»”. 

(Yasumaro 2006:42)

La rottura delle promesse rappresenta così non solo la fine dell’amore  tra le due divinità, ma anche una radicale disgiunzione tra il mondo dei  vivi e lo yomi. La morte entra così a far parte dell’esistenza e Izanami ne diviene la “maestosa e sacra […] grande signora” (Yasumaro 2006:42). 

Riflessioni conclusive

L’enfasi sul ruolo che lo sguardo svolge nelle due narrazioni apre la strada a nuove e stimolanti riflessioni. In entrambi i miti lo sguardo è concepito inizialmente come ciò che sancirà il ritorno dell’amata al mondo dei vivi, poi, muta in ciò che decreta la loro eterna permanenza in quello dei morti. In aggiunta, lo sguardo risulta essere la causa prima della chiara disgiunzione tra i  due mondi. Se ciò è ben chiaro nel mito di Izanagi e Izanami, nel mito di Orfeo si può comprendere continuando la lettura de Le Metamorfosi. Così, si scopre che il giovane, in seguito alla morte di Euridice, tenta nuovamente di convincere Caronte a traghettarlo sull’altra riva dello Stige, ma questa volta viene ricacciato alla luce della vita. Non avendo più accesso all’Ade, ad Orfeo non rimane che la morte per ritrovare l’amata Euridice e così:

Scende sotterra l’anima di Orfeo: 
rivede e riconosce tutti i luoghi 
che aveva visto prima; poi, cercandola 
nei campi elisi, ritrova Euridìce 
e se l’abbraccia appassionatamente. 
Ora insieme passeggiano: talvolta 
l’uno a fianco dell’altra, a volte, invece,
lei davanti e lui dietro, o viceversa. E lui la guarda ormai senza paura”.

(Ovidio 2011:889-890)

Note

  1. Prima di inoltrarsi in un breve riepilogo dei due miti è necessario sottolineare come in questo articolo si  faccia riferimento alla versione del mito di Orfeo ed Euridice cantata da Ovidio ne Le Metamorfosi (8 d.C.).  Nel caso del mito di Izanagi e Izanami, invece, si fa riferimento alla versione presente nel Kojiki 古事記 (VIII  sec., Racconto di antichi eventi) .
  2. Ninfa delle querce.
  3. Sulle motivazioni che hanno spinto Orfeo a voltarsi sono state avanzate molteplici ipotesi che per ragioni di  spazio non è possibile ripercorrere in questa sede.
  4. La prima delle prime tre divinità nate dopo che il cielo e la terra comparvero a partire dal caos.
  5. La prima divinità, o una delle prime, che hanno formato il cielo e la terra. 
  6. Kami 神 (lett. “dio”) del fuoco e ultimo figlio di Izanami e Izanagi.
  7. Luogo di confine tra il mondo dei vivi e lo yomi.

Bibliografia

  1. Ovidio, N. P., Abbate, M. S. (a cura di) (2011) Le metamorfosi. Roma, Newton Compton editori
  2. Reider, N. T. (2007), Onmyōji Sex, Pathos, and Grotesquery in Yumemakura  Bakus Oni. Asian Folklore Studies, vol. 66, n. 1/2, Narratives and Rituals in  Asian Folk Religion and Culture, pp. 107-124.
  3. Sartre, J. P., Del Bo, G. (traduzione di), Fergnani, F. & Lazzari, M. (a cura di), (2014) L’essere e il nulla. La condizione umana secondo  l’esistenzialismo, Il Saggiatore
  4. Ō no Yasumaro, Villani, P. (a cura di), (2006) Kojiki. Un racconto di antichi eventi. Marsilio Editore

Immagini

  1. Figura 1: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4a/Museo_Correr_Canova_Orfeo_e_Eurydice_03032015_2.jpg
  2. Figura 2: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/0/04/Yomotsu_Hirasaka.JPG
  3. Figura 3: https://mukashimukashicafe.files.wordpress.com/2018/09/izanagi-izanami-yomi.jpg

Loris Zevrain

Laureato in Lingue, culture e società dell’Asia e dell’Africa Mediterranea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, attualmente frequenta il secondo anno del corso di laurea magistrale in Lingue e Civiltà dell’Asia e dell’Africa presso l’Università degli studi di Napoli L’Orientale. Grande appassionato di scrittura, i suoi interessi principali vertono sui processi storici e le relazioni internazionali che coinvolgono i paesi dell’Asia orientale. I suoi campi di ricerca comprendono la storia del Giappone in toto, con una predilezione speciale per il periodo moderno e contemporaneo, e la letteratura contemporanea, alla quale ha avuto modo di approcciarsi con particolare attenzione grazie all’approfondimento, in occasione della tesi triennale, delle possibili relazioni tra Kinjiki di Mishima Yukio e The Picture of Dorian Gray di Oscar Wilde. Il suo sogno è di entrare in campo accademico proseguendo i suoi studi come ricercatore e di poter collaborare con i più grandi esponenti del settore. 

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