di Federico Del Sordo
Il linguaggio associato a simboli o segni è probabilmente la rappresentazione più visibile della lingua nella società. In merito alle ricerche sul panorama linguistico, il Giappone ha svolto un ruolo importante, diventando un luogo favorevole per i primi studi documentati in assoluto riguardo differenti scenari linguistici.
Che cos’è esattamente un panorama linguistico? Il termine si riferisce alla visibilità e all’importanza delle lingue nella sfera pubblica e ai simboli commerciali in un dato territorio o regione. La parola giapponese corrispondente è gengo keikan 言語景観 e possiede le seguenti qualità:
- È visivo e non auricolare, include insegne e grandi stampe sui prodotti, non ci sono informazioni udibili;
- Si trova negli spazi pubblici, non privati;
- È rivolto a molti e indeterminati lettori;
- È un’informazione acquisita passivamente (es. insegne di chioschi o edicole, avvisi pubblicitari);
- Offre un senso di presenza in un particolare luogo o influenza la nostra percezione del luogo;
Il processo di scrittura e lettura del territorio crea questi dati linguistici, i quali diventano punti di riferimento dello spazio pubblico, trasformandosi in un’interfaccia tra lingua e società.
Uno dei primi studi condotti in assoluto sul panorama linguistico fu quello del geografo Masai Yasuo (1972), il quale esplorò il gengo keikan dell’area affollata di Shinjuku. Raccolse un totale di 3.000 insegne di negozi, li analizzò tenendo in considerazione le lingue contenute e le correlazioni tra le caratteristiche linguistiche delle insegne e il tipo di attività che stava pubblicizzando. La sua principale conclusione fu che la visibilità delle lingue straniere nel paesaggio urbano di Shinjuku fosse piuttosto straordinaria, a tal punto da far pensare ad un lettore straniero di poter essere sotto qualche possibile controllo coloniale.

Il fatto che questo approccio sia stato condotto da un geografo e non da un linguista è interessante per due motivi:
- Guardando i risultati della sua ricerca, mostra che la situazione all’inizio del 1960 fosse di fatto sorprendentemente monolingue, e assolutamente non paragonabile a come lo spazio urbano giapponese appare oggi. La maggior parte degli elementi stranieri da lui identificati sono semplici katakana utilizzati per i prestiti linguistici stranieri. In poche parole, la diagnosi dell’“estraneità” si basa interamente su criteri emici.
- Prestando particolare attenzione alle insegne commerciali, un numero più grande di studi ha analizzato come l’inglese e il romaji (l’alfabeto latino) siano usati per attrarre il pubblico nazionale. In questo caso l’inglese rappresenta una risorsa simbolica, il segnale della modernità, dell’internazionalismo, della globalizzazione e della classe alta.
Un altro importante sviluppo sociale che è stato studiato attraverso le lenti del panorama linguistico è l’avvento del gran numero di lavoratori stranieri a partire dall’inizio del 1980. La crescita della presenza di cittadini non giapponesi ha comportato un numero di politiche amministrative comunemente riassunte dal termine gengo sābisu 言語サービス (servizi linguistici), dove più segni linguistici creano più informazioni multilingue. Molti ricercatori, esaminando questi servizi ormai componenti del panorama linguistico, hanno ampiamente considerato questa tendenza come un indice del fatto che le agenzie ufficiali, soprattutto quelle nei livelli amministrativi più bassi, sono ben consapevoli della crescita condivisa dei residenti stranieri e anche disposti a soddisfarli linguisticamente.
D’altra parte, però, c’era il rischio che ci fosse un’enfasi esagerata sulla fornitura delle informazioni in inglese, il quale effettivamente rappresenta la prima lingua di una minoranza della popolazione straniera del Giappone. Sono presenti anche alcune indicazioni riguardo le linee guida ufficiali esposte che raccomandavano l’uso di quattro lingue – giapponese, cinese, coreano e inglese – sulle insegne pubbliche, le quali ora, però, sono state abbandonate in favore di politiche esclusivamente giapponesi-inglesi. Altri studi riguardanti i servizi linguistici ritengono che il numero di informazioni disponibili in inglese sia ancora lontano dall’essere sufficiente, soprattutto in quei casi di emergenza o in quelli in cui il lettore ha pochissima competenza nella lingua giapponese o, addirittura, è inesistente.
Un crescente numero di ricercatori ha osservato come le comunità non giapponesi abbiano reso loro visibili nello spazio pubblico giapponese. Particolarmente degni di attenzione sono stati gli ambienti con una maggiore concentrazione di persone di origine coreana, come l’area della stazione Shin Ōkubo nel distretto di Shinjuku e il quartiere coreano nel distretto di Ikuno di Osaka. Le persone di origine coreana con una storia relativamente lunga in Giappone sono molto meno visibili rispetto ai coreani arrivati in tempi più recenti. Quest’ultimi scrivono le loro insegne in hangŭl1, facendo così sentire la loro presenza in una maniera molto più distinta. L’assenza di qualsiasi tipo di protesta nei confronti delle insegne in hangŭl potrebbe essere presa in considerazione per indicare un miglioramento delle relazioni tese del Giappone con una delle più grandi e antiche minoranze etniche presenti nel paese.

È un dato di fatto che la popolazione straniera in Giappone ha iniziato a reclamare una porzione del panorama linguistico per loro stessi. Un esempio è la visibilità del cinese nella Chinatown di Yokohama oppure elementi del portoghese nell’area urbana di Minokamo, un centro industriale nella Prefettura di Gifu con un alto numero di residenti brasiliani. Gran parte delle prime ricerche in Giappone riguardavano il processo di mapping del territorio, ovvero circoscrivere gli elementi analizzati in una regione soltanto.
Due sono le tendenze principali che stanno gradualmente iniziando a riflettersi nelle ricerche sul panorama linguistico in Giappone:
La prima è un nuovo interesse per le variazioni dall’interno. Molti dei primi studi sul panorama linguistico in Giappone si occupavano prevalentemente di individuare lo “straniero”. Questa interpretazione piuttosto monolingue della diversità linguistica ha funzionato con un concetto relativamente fisso di lingue come entità distinte che possono essere classificate e contate. Negli ultimi anni, un numero maggiore di studi si è rivolta all’esplorazione di differenti varietà del giapponese. L’interesse per le variazioni regionali si è fatto sentire soprattutto nel panorama linguistico attorno all’area della regione del Kansai. È stata analizzata l’occorrenza del dialetto di Osaka nei poster delle campagne pubblicitarie e commerciali, uno sviluppo che si riferisce alla “localizzazione” (rendere locale) del panorama linguistico. Vi è un’improvvisa crescita della visibilità dei dialetti locali in vari tipi di insegne o simboli in tutta la regione, in particolare in quelli legati al turismo e alla creazione di marchi locali. Ciò è stato riscontrabile anche nella Prefettura di Okinawa dove, infatti, sono presenti riferimenti alle lingue originarie delle Ryūkyū sia nelle insegne pubbliche che private. I dati relativi ad Okinawa mostrano, comunque, che c’è una visibilità limitata negli spazi pubblici, poiché lo scopo è principalmente decorativo e non gioca nessun ruolo nel panorama linguistico della Prefettura. L’esclusione delle lingue locali dallo spazio pubblico comunica il loro status inferiore verso il giapponese e addirittura anche verso l’inglese, il cinese e il coreano: si tratta, perlopiù, di una risorsa linguistica del turismo. Adoperando un punto di vista più critico, questi studi dimostrano come queste variazioni testimoniano la continuità dell’eredità della Nazione-Stato monolingua, secondo il quale la diversità linguistica è un’eccezione ma mai una regola.
La seconda grande tendenza è un vantaggio più qualitativo da apprezzare negli approcci più recenti ai linguaggi visibili negli spazi pubblici giapponesi, al fine di integrare il linguaggio di questi segni in pratiche discorsive più ampie (studi concentrati più sulla qualità che sulla quantità). Molti dei primi studi sul paesaggio linguistico erano basati su un quadro basato sulla variazione e, quindi, di portata quantitativa più ampia. Recentemente, sono stati programmati degli studi per muovere le ricerche del panorama linguistico giapponese oltre questo paradigma, come ad esempio studi sul paesaggio linguistico del santuario Meiji Jingū, nel distretto di Shibuya. Interessanti sono le complesse relazioni tra i testi giapponesi e l’inglese, situati nel parco del santuario, e come interagiscono tra di loro in maniera leggermente diversa. Da queste osservazioni è stato rilevato non solo una maggior presenza delle insegne giapponesi, ma anche che le due lingue svolgono funzioni discorsive differenti. Mentre l’inglese è prevalentemente concepito per fornire spiegazioni riguardo i monumenti del parco, i testi giapponesi vanno oltre questa funzione incoraggiando il lettore in vari tipi di coinvolgimento attraverso eventi e rituali del santuario. Analogamente, laddove molti testi giapponesi suggeriscono una relazione a incontro multiplo con i suoi lettori, i corrispondenti testi inglesi sono concepiti con la premessa di una relazione una tantum. Un’altra differenza è che i testi in inglese menzionano le transazioni finanziarie più spesso e più apertamente. Inevitabilmente si creano relazioni spaziali differenti con i lettori.

Questi informazioni semplificano come i dati raccolti possono essere usati per catturare lievi differenze discorsive nei segni di scrittura e lettura, i quali vanno molto oltre la semplice scoperta di lingue (straniere) e testi, che possono essere analizzati attraverso più ampi e dettagliati processi di costruzione dei significati nello spazio pubblico. Questi segnali, inoltre, forniscono “l’accesso ad una storia”, suscitando così “voci con le quali il lettore si aspetta di avere qualche tipo di familiarità o rapporto”.
Mentre i segnali informativi “parlano” direttamente al lettore nel “qui e ora”, le inserzioni pubblicitarie sono dissolte dal tempo e dallo spazio nel quale si trovano. Un’altra caratteristica peculiare delle pubblicità è che tendono ad essere mediate attraverso una voce narrante, per esempio con un’attenzione verso riferimenti inter- ed extra-testuali ai pronomi personali come watashi 私 o anataあなた. I segnali in Giappone costituiscono il paesaggio all’interno del quale si svolgono altri comportamenti linguistici: rinforzano, reinventano e talvolta minano le azioni abitudinarie.
Esistono delle differenze tra città e campagna in termini di comunicazione visiva? C’è qualcosa che tutte le grandi città condividono in questo senso? La risposta è sì: la principale differenza sta nel fatto che nelle aree rurali è presente una situazione molto più statica e stabile poiché non avviene un confronto quotidiano con la diversità. In città si ha la possibilità di intrattenere molte più interazioni e contatti, quindi più flussi culturali e linguistici. Se vivi in città ti confronti con cose sconosciute, anche se sei nato e cresciuto nella città stessa. È una continua sfida.
Essendo una città globale, la connessione di Tokyo aggiunge perennemente nuova diversità e, con essa, nuove sfide, problemi e conflitti che devono essere risolti. I parlanti di queste grandi città sperimentano la diversità e devono esercitarsi costantemente su come affrontarla. Non si tratta semplicemente di una specifica dimensione linguistica dominante usata in aree geografiche specifiche, ma implica specifici modelli comunicativi interculturali e specifici atteggiamenti flessibili e tolleranti verso gli altri e verso le lingue; tutti sono esposti a questi tratti dominanti della comunicazione a Tokyo.
Le città hanno il potenziale di renderci degli esseri umani più complessi. Una città è il luogo dove le persone imparano a vivere con gli sconosciuti, ricevere stimoli continui e differenti, vivere delle esperienze e interessarsi a situazioni non familiari. L’identità o la conformità smorza e stordisce la mente, la diversità la stimola e la espande. Pertanto, la città permette alle persone di sviluppare un più ricco e più complesso senso di sé stessi.
Note
- Alfabeto coreano.
Bibliografia
- Backhaus, Peter (2019) Linguistic Landscape. In: Patrick Heinrich & Yumiko Ohara (eds) The Routledge Handbook of Japanese Sociolinguistics. London / New York: Routledge: 158-169.
- Heinrich P., (2012) The Making of Monolingual Japan (chapter 4 & 5). Bristol: Multilingual Matters.
- Heinrich P. & Rika Yamashita (2018) Tokyo: Standardization, Ludic Language Use and Nascent Superdiversity. In: Dick Smakman & Patrick Heinrich (eds): Urban Sociolinguistics. London / New York: Routledge: 130-147.
- Heinrich P., Language Life (Gengo seikatsu), Routledge Handook of Japanese Sociolinguistics, London, Routledge, pp. 407-419.
- Nakane, Ikuko, Emi Otsuji & Willaim S. Armour (2015) Languages and Identities in a Transitional Japan. London: Routledge.