di Veronica Di Silvestre
Da alcuni anni a questa parte, è emerso che il governo cinese stia detenendo illegalmente in campi di prigionia cittadini cinesi di etnia uigura dove subiscono torture, percosse, violenze sessuali e rieducazione. Si stima che ad oggi circa un milione di uiguri sia stato imprigionato in questi centri di detenzione (Gunter, 2021a). Sebbene la Cina abbia negato tutto ciò sostenendo che si tratti in realtà di semplici campi di rieducazione e centri di formazione professionale, tuttavia, la comunità internazionale continua a puntarle il dito contro. Infatti, molti Paesi occidentali hanno imposto delle sanzioni alla Cina e hanno anche deciso di boicottare i Giochi Olimpici di Pechino 2022 nella speranza di lanciarle un messaggio. (Reinhardt 2021; Boissoneault, 2022).
Per capire cosa stia realmente accadendo e conoscerne le motivazioni, occorre ripercorrere la storia dell’etnia uigura che si intreccia e si scontra inevitabilmente con quella della Cina e dell’etnia maggioritaria Han.
Gli uiguri sono una popolazione musulmana che parla una lingua turcica appartenente al gruppo altaico. Oltre che nella Regione Autonoma dello Xinjiang in cui vi è la più grande comunità uigura cinese, un altro gruppo si trova nello Hunan. Notizie di questo popolo, fra i più antichi turcofoni dell’Asia centrale, sono presenti negli annali cinesi già a partire dal III secolo d.C. È noto che nell’VIII secolo d.C. gli uiguri si spostarono nella parte centro-settentrionale della Mongolia fondando un regno successivamente rovesciato dai kirghizi. Ciò li portò a migrare verso il Tianshan, catena montuosa situata tra le attuali Cina, Kazakistan e Kirghizistan1.

Attorno al XVI secolo, alcuni leader religiosi musulmani incominciarono a fondare diverse città-Stato islamiche conosciute con il nome di Turkestan Orientale. Tuttavia, nel 1884, esso divenne una provincia dell’impero Qing (1644 – 1911). È proprio allora che gli fu dato il nome di Xinjiang新疆 ossia «nuova frontiera» (Boissoneault, 2022). L’impero Qing tentò di assimilare quella popolazione alla cultura cinese, ma senza successo. Gli uiguri non si sentivano cinesi (Reinhardt, 2021).
Difatti, dopo il crollo dell’impero, nello Xinjiang, si assistette alla nascita di movimenti indipendentisti che tra il 1933 e il 1934 portarono alla nascita della Prima Repubblica del Turkestan Orientale e della Seconda Repubblica del Turkestan Orientale nel 1944 (Toops, 2000). Non è un caso che il crollo della Seconda Repubblica coincida con l’anno della fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Infatti, dal 1949 in poi il governo cinese si cimentò in misura sempre maggiore nella sinizzazione del territorio dello Xinjiang. Fu Mao a proclamarlo Regione Autonoma nel 1955. Il suo intento non era quello di preservare l’indipendenza e l’identità culturale e religiosa uigura, bensì di controllare e tenere a bada le rivolte nella convinzione che con l’avvento del socialismo questa identità culturale indipendente sarebbe stata assimilata alla cultura e all’identità dominante Han (Fuller, Starr, 2003). Le prime migrazioni di massa dell’etnia Han verso la regione, a partire dagli anni Cinquanta, costituiscono un’ulteriore prova delle reali intenzioni di Mao. Infatti, al giorno d’oggi, sebbene l’etnia uigura conti circa 12 milioni di abitanti rappresentando la maggioranza della popolazione nella Regione Autonoma, tuttavia la popolazione di etnia Han raggiunge la maggioranza in alcune città come la capitale Ürümqi (Boissoneault, 2022).
La Regione Autonoma dello Xinjiang è stata sempre caratterizzata da un’economia rurale, e nonostante il grande sviluppo che ha interessato l’area più a est della Cina a partire dagli anni Ottanta, essa è rimasta arretrata e gli uiguri non si sono ben integrati con il resto della popolazione (Renhardt, 2021).

Nel corso degli anni Novanta, si assistette ad alcuni tentativi di rivendicazione di indipendenza, molti dei quali furono attribuiti all’organizzazione di stampo terroristico «Movimento Islamico del Turkestan Orientale» nota come ETIM (East Turkestan Islamic Movement), fondata nel 1989 da un certo Dia Uddin bin Yousef2 (Todd, Raschke, 2010). Poiché, secondo il governo cinese, il movimento aveva dei legami con Al-Qāʿida3, a seguito dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle del 2001, esso ha inasprito la politica di lotta al terrorismo e la repressione dei movimenti indipendentisti della Regione Autonoma dello Xinjiang. Occorre però aggiungere che molti studiosi occidentali ritengono che questo gruppo non fosse realmente un’organizzazione ben strutturata e capace di atti davvero violenti4 (Reinhardt, 2021).Tuttavia, il vero e proprio crackdown delle politiche cinesi riguardo la questione uigura si ebbe nel 2009, quando, a Ürümqi, si assistette ad una protesta, dapprima pacifica, da parte di membri dell’etnia uigura conclusasi poi nel sangue con la morte di circa 200 persone, per la maggior parte di etnia Han (Clarke, 2022). L’insurrezione, nata come manifestazione del malcontento da parte degli uiguri nei confronti della autorità cinesi, le quali erano rimaste indifferenti all’uccisione di due lavoratori uiguri in una fabbrica del Guangdong, intimorì il governo cinese, per il quale garantire la stabilità del Paese ha l’assoluta priorità (Gunter, 2021; Reinhardt, 2021).
Successivamente, nel 2013, con il lancio del titanico progetto infrastrutturale noto come yidai yilu 一带一路 «Nuova Via della Seta» da parte del Presidente neoeletto Xi Jinping, la Regione Autonoma dello Xinjiang, ricca di risorse minerarie e gas naturale, divenne un punto strategico per la messa in atto dell’ambiziosa iniziativa costituendo il principale snodo ferroviario che avrebbe collegato la Cina ai Paesi dell’Asia centrale. Di conseguenza, il governo, per assicurare maggiore stabilità ed evitare disordini, decise di rendere più severi e capillari i sistemi di controllo e sicurezza nella regione5 (Boissoneault, 2022; Reinhardt, 2021).
Nel 2013 e nel 2014, dopo una serie di attentati da parte di estremisti uiguri in diverse altre province cinesi dove persero la vita alcune persone6, il presidente Xi decise di combattere con ogni mezzo a propria disposizione le tre “piaghe”: separatismo, estremismo e terrorismo. Queste sono le motivazioni che hanno spinto il governo a violare la stessa Costituzione cinese che definisce la Cina come un duomingzuguojia多民族国家 «Paese multietnico» nel quale ogni minoranza può parlare la propria lingua e professare la propria religione liberamente.

Sebbene dal 2014 in poi il Partito non abbia più diffuso alcuna informazione circa la gestione della questione uigura, tuttavia nel 2017, grazie ad una fuga di documenti top-secret del partito comunista, sono trapelate informazioni scioccanti confermate anche dalla scoperta delle coordinate esatte di un campo di prigionia a Kashgar visibile attraverso il satellite. Inoltre, sempre più ex-prigionieri uiguri rifugiati in altri Paesi, hanno incominciato a raccontare le torture fisiche e psicologiche subite. L’antropologo tedesco Adrian Zenz stima che ad oggi i centri di detenzione nello Xinjiang siano più di 1300 (Reinhardt, 2021).
Inoltre, secondo un resoconto del CSIS (Center for Strategic & International Studies) del 2019 circa centomila persone tra uiguri e altre minoranze del Xinjiang sono costrette ai lavori forzati producendo il 22% del cotone mondiale e lavorando nelle filiere delle grandi multinazionali come Adidas, Coca-Cola, Apple e Nike7 (Lehr, Bechrakis, 2019).
Chiaramente, il governo cinese continua a negare le accuse di violazione dei diritti umani nei confronti degli uiguri. Esso ha ribadito, infatti, che il suo unico scopo è quello di sradicare qualsiasi forma di estremismo a favore della stabilità e dell’armonia di tutto il Paese. Il Partito ha spesso paragonato le ideologie separatiste ad un virus, ma, a differenza di quest’ultimo, il vettore di un virus “ideologico” è più difficile da scoprire, per cui è necessario «sottoporre a quarantena» quante più persone possibile (Reinhardt, 2021). In questo modo le autorità cinesi sembrano giustificare le misure estreme adottate nei confronti della minoranza uigura. In quest’ottica, dunque, qualsiasi uiguro, anche colui che professa la propria fede e cerca di mantenere viva la propria cultura, senza apparenti fini estremistici, è comunque visto come un potenziale terrorista.
Nonostante le dichiarazioni e le giustificazioni portate avanti dalla Cina, le sue politiche nei confronti dell’etnia uigura, agli occhi della comunità internazionale, si fanno sempre più discutibili.
Sebbene l’art. 36 della Costituzione della Repubblica Popolare Cinese accordi la libertà religiosa e di culto ai propri cittadini, tuttavia gli uiguri vengono spesso arrestati per aver semplicemente frequentato una moschea, osservato il digiuno durante il mese del ramadā’n o indossato uno ḥijāb.
Nonostante ciascuna delle 55 etnie minoritarie presenti sul territorio cinese, secondo l’art. 4 della Costituzione, abbia diritto ad utilizzare la propria lingua, tuttavia le autorità cinesi impongono agli uiguri lo studio e l’uso della lingua cinese. Difatti, nei centri di detenzione i prigionieri sono costretti a seguire delle lezioni di lingua e cultura cinese e a cantare inni patriottici (Reinhardt, 2021).
Per quanto riguarda i bambini e i ragazzi, l’istruzione scolastica è il canale attraverso cui il governo cinese plasma i giovani uiguri ad immagine e somiglianza dei cinesi di etnia Han. In particolare, i figli dei prigionieri dei campi di lavoro vengono separati dal resto della famiglia e indottrinati per conto del governo (Reinhardt, 2021).
Per rendere ancora più capillare il controllo sugli uiguri, il governo cinese ha istituito le cosiddette «Settimane dell’unità etnica» incaricando dei cinesi di etnia Han di fare visita ogni mese ad una famiglia uigura per verificare se siano devoti o meno alla loro religione e se in casa parlino la lingua uigura o cinese (Reinhardt, 2021). Anche la politica demografica adottata nei confronti della popolazione uigura differisce rispetto a quella rivolta al resto della popolazione. La politica del figlio unico è stata abolita già nel 2016 e dal 2021 ai cittadini cinesi è addirittura consentito avere il terzo figlio, ma non agli uiguri. Per loro vige ancora le legge del figlio unico. Inoltre, sempre per il fine di tenere sotto controllo la crescita della popolazione uigura, negli ultimi anni il governo sta promuovendo matrimoni misti tra donne uigure e uomini di etnia Han (Boissoneault, 2022).

Lo studioso precedentemente nominato, Adrian Zenz, è riuscito a venire in possesso di documenti ufficiali in cui è chiaramente scritto che l’obiettivo del Partito è quello di rendere la popolazione uigura dello Xinjiang, che è ancora l’etnia maggioritaria all’interno della regione, un’etnia minoritaria nell’arco di cinque anni. Per fare ciò è prevista la sterilizzazione forzata di numerose donne in età fertile (Reinhardt, 2021). Secondo alcuni ricercatori, nel 2018, l’80% delle donne uigure dello Xinjiang ha subito l’inserimento forzato di un dispositivo intrauterino (Boissoneault, 2022). Le summenzionate politiche adottate dal governo cinese nei confronti della minoranza uigura sembrerebbero andare oltre l’obiettivo di eliminare il separatismo, l’estremismo e il terrorismo rivelando l’intenzione di assimilare la cultura uigura a quella Han.
Nel 2020, alcuni gruppi di uiguri fuggiti dalla Cina e rifugiatisi in altri Paesi hanno denunciato presso il Tribunale Internazionale de L’Aia i crimini contro l’umanità perpetrati dalla Cina nei confronti del popolo uiguro. Tuttavia, il Presidente Xi non si è ancora espresso a riguardo (Reinhadt, 2021).
Di fronte a tutto ciò la comunità internazionale ha lanciato diversi appelli alla Cina e previsto diverse sanzioni. Tuttavia, a livello concreto, non può fare molto per aiutare la popolazione uigura se non diffondere consapevolezza riguardo la questione.
Note
- Da voce “Uyghur” in Encyclopoedia Britannica, a cura di Zeidan A.
- Secondo un rapporto dell’Ufficio Informativo del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese del 2002, l’ETIM tra 1990 e 2001 ha commesso oltre 200 atti di terrorismo provocando più di 162 e 440 feriti. Per approfondimenti si veda: https://web.archive.org/web/20150321013012/http://www.china.org.cn/english/2002/Jan/25582.htm
- Movimento islamista sunnita paramilitare nato nel 1988 durante la guerra in Afghanistan (1979-1989).
- Inizialmente gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali avevano negato qualsiasi legame tra i terroristi di Al-Qāʿida e gli uiguri. Tuttavia, inaspettatamente nel 2002, l’ETIM venne inserito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nella lista delle organizzazioni terroristiche.
- Si tratta di sistemi di sorveglianza molto sofisticati tra cui riconoscimento facciale e biometria
- In particolare, si fa riferimento agli attentati del 28 ottobre 2013 in Piazza Tian‘anmen a Pechino, 1° marzo 2014 a Kunming. Per ulteriori approfondimenti si veda: https://www.arte.tv/it/videos/100174-000-A/cina-uiguri-storia-di-un-genocidio/
- Per fronteggiare la situazione gli Stati Uniti hanno promulgato la «Uyghur Forced Labor Prevention Act» che sancisce che qualsiasi bene prodotto nello Xinjing debba essere considerato come frutto del lavoro forzato a meno che le aziende non riescano a provare il contrario.
Bibliografia
- Clarke M. (2022). The Xinjiang Emergency: Expolring the causes and consequences of China’s mass detention of Uyghurs. Manchester: Manchester University Press;
- Fuller G.E, Starr F. (2003). The Xinjiang Problem. Washinghton DC: Central Asia-Caucasus Intitute;
- Lehr A.K, Bechrakis M. (2019). Connecting the dots in Xinjiang: Forced Labour, Forced Assimilation and Western Supplu Chains, A Report of the CISIS Human Rights Initiative. Center for Strategic & International Studies (CISIS);
- Reed. J.T, Raschke D. (2010). The ETIM: China’s Islamic Militants and the Global Terrorist Threat. Santa Barbara: Praeger;
- Toops S. (2000). “The Population Landscape of Xinjiang/East Turkestan”. In Inner Asia.2 (2), Brill,155-170.
Sitografia
- Boissoneault M. (2022). Is China Commiting Genocide Against Uyghurs? in Smithsonian Magazine [online]. 2 febbraio [Consultato il 28 aprile 2022]. Disponibile da: https://www.smithsonianmag.com/history/is-china-committing-genocide-against-the-uyghurs-180979490/
- Encyclopoedia Britannica: https://www.britannica.com/topic/Uyghur
- Gunter J. (2021a). Uyghur imams targeted in China’s Xinjiang crackdown. In BBC [online]. 14 maggio.[Consultato il 27 aprile 2022]. Disponibile da: https://www.bbc.com/news/world-asia-china-56986057
- Gunter J. (2021b). China has created a dystopian hellscape in Xinjiang, Amnesty report says. In BBC [online]. 10 giugno. [Consultato il 27 aprile 2022]. Disponibile da: https://www.bbc.com/news/world-asia-china-57386625
- Gunter J. (2021c) giugno. Who are the Uyghurs and why is China being accused of genocide?. In BBC [online]. 21 giugno. [Consultato il 28 aprile 2022]. Disponibile da: https://www.bbc.com/news/world-asia-china-22278037
- Reinhardt F. (2021). Cina: Uiguri, storia di un genocidio. In Arte TV. [online] [Consultato il 20 aprile 2022]. Disponibile da: https://www.arte.tv/it/videos/100174-000-A/cina-uiguri-storia-di-un-genocidio/
- Who The Uyghurs Are And Why China Is Targeting Them. In NPR. [podcast online].[Consultato il 3 maggio 2022]. Disponibile da: https://www.npr.org/2021/05/31/1001936433/who-the-uyghurs-are-and-why-china-is-targeting-them?t=1645592360761&t=1651602232950

Veronica Di Silvestre
Referente Sezione Cina. Laureata in Lingue e Letterature Straniere Occidentali e Orientali presso l’Università degli Studi di Macerata in cinese e inglese e ha proseguito gli studi presso la stessa università conseguendo una laurea magistrale in Lingue, Culture e Traduzione letteraria. Ha discusso una tesi magistrale incentrata su sulla poesia dell’esilio cinese, frutto dell’opposizione da parte dei letterati nei confronti del potere politico prendendo come riferimento due poeti antichi Qu Yuan e Su Shi e due poeti contemporanei Bei Dao e Yang Lian.
Nel 2018, grazie ad una borsa di studio di Han Ban, ha avuto occasione di studiare un anno presso la Nanjing University. Attualmente sta conseguendo un dottorato in letteratura contemporanea presso la Beijing Normal University di Pechino sulla produzione poetica di Bei Dao e Yang Lian dopo aver lasciato la Cina.
Recentemente ha avuto esperienza come lettrice di lingua italiana presso la Beijing Normal University dove ha insegnato per due semestri a distanza. Allo stesso tempo, presso la stessa università, ha seguito dei corsi di lingua e cultura cinese da remoto.
Il suo principale ambito di ricerca è la letteratura cinese contemporanea ma è interessata anche alla storia cinese, i temi di attualità e l’arte antica.