Utopia e tradizione negli “Enigmi coreani” di Yi Ch’ŏngjun

Attraverso le sue stesse parole, si possono definire i tratti distintivi di un autore coreano  annoverato come uno tra i più prominenti della letteratura degli anni ’60, un’epoca in  cui la delusione seguita all’instaurazione del governo militare si intravide tra le pagine di scrittori mossi esclusivamente dal malcontento, in un Paese ed in un’epoca già fin  troppo segnati dallo svilimento e dall’incertezza.

Il ritratto della donna coreana contemporanea e il fenomeno letterario Cho Namju

Il 1953 si designa come l’anno in cui fu introdotto il cosiddetto sistema hoju 호주제 (戶主制), un registro delle famiglie il cui significato indica proprio quello di “capofamiglia”, conferendogli una natura patriarcale in linea con la tradizione confuciana su cui la società ha sempre fissato le proprie salde radici. La sua influenza sulla traccia che ogni famiglia avrebbe dovuto seguire per costituire un ritratto tradizionale, ha fatto sì che gli uomini ricoprissero, da sempre, ruoli privilegiati e di responsabilità, come nel caso dei padri al vertice e dei figli maschi al seguito, mentre alle mogli e alle figlie femmine è sempre spettato il ruolo di mere custodi del focolare o devote figure indissolubilmente legate alla pietà filiale.

L’amore ai tempi del Mujong 

Il XX secolo ha visto la Corea affrontare inenarrabili sfide che hanno avuto ripercussioni in ogni ambito della vita dei suoi abitanti. Per la popolazione coreana non si è trattato solamente di gestire incursioni, combattere la colonizzazione nipponica, assistere ad una guerra fratricida e risollevarsi dalla miseria economica che gravava sul Paese spaccato nella seconda metà del secolo

La Regina Inhyŏn, storia di una regina magnanima

Tutti coloro che si sono approcciati alla letteratura coreana si sono sicuramente imbattuti nel romanzo “Mogli, mariti e concubine” (Riotto, 1998), in cui è presente la triste storia della regina Inhyŏn, e ne sono rimasti affascinanti. Ma perché triste storia?

Recensione: “Pavana per una Principessa Defunta” – Park Min-gyu

“Ci parlano della struttura delle cellule dell’ameba e del plancton, ma perché non ci dicono nulla sulla struttura della sofferenza? Perché non ci consigliano un modo per dominare noi stessi prima di chiederci di dominare gli altri? […] Perché non ci lasciano in pace e perché andiamo sempre di fretta? Più invidiamo gli altri, più ci vergogniamo di noi stessi. E chi è la causa di tutto questo? Chi è il pifferaio di Hamelin dal volto invisibile?”